Morì in mare, omicidio colposo per l’amico
MONFALCONE Un incidente finito in tragedia, un’accusa pesante: omicidio colposo. Ne deve rispondere davanti al Tribunale di Gorizia (giudice Andrea Comez) il monfalconese Roberto Mosetti. La morte in mare risale al primo pomeriggio di domenica 28 agosto 2011. La vittima è il cinquantenne Sebastiano Pòrcile, restauratore di barche di origine campane ma residente a Monfalcone. Quel 28 agosto, organizzata dalla Svoc, si tiene la tradizionale regata Monfalcone-Portorose-Monfalcone. Presidente di giuria è Tullio Sain, un veterano della vela monfalconese. La giornata è splendida, ottima visibilità, bora tra i 10 e i 20 nodi. Le imbarcazioni al via sono 44. Poco dopo l’ora di pranzo quasi tutte hanno tagliato il traguardo, segnalato con due boe. Tutte tranne quattro. La giuria contatta via cellulare e via Vhf gli equipaggi: tre rispondono e danno le loro coordinate. Nessun problema. Della barca mancante non si sa nulla. La testimonianza resa al giudice da Tullio Sain: «Abbiamo provato e riprovato diverse volte a contattare la Cutty Sark, senza ottenere risposta». La Cutty Sark è di Pòrcile, a bordo c’è soltanto Mosetti.
Sono circa le 15 quando si ha contezza della tragedia. Un equipaggio della Capitaneria di porto di Monfalcone a bordo di un battello si mette sulle tracce della Cutty Sark. I due ufficiali - testi anch’essi della Procura (pm Valentina Bossi) - si dirigono verso Punta Sdobba. Individuano la barca sparita; a bordo c’è un uomo che indica un punto preciso lontano circa una cinquantina di metri. È il corpo ormai senza vita di Pòrcile. La testimonianza dei marinai: «Quando abbiamo issato il cadavere sul battello abbiamo avvertito un forte odore di alcol. Pòrcile indossava solo una maglietta». Il battello della Capitaneria lancia un razzo d’allarme che viene notato dalla barca giuria. Raggiunge il punto, ma a bordo nessuno sa della tragedia. Sain: «Giunti a una ventina di metri dalla Cutty Sark, barca della Svoc, ho notato Mosetti, socio anch’esso della Svoc. Mi sembrava molto agitato, si dimenava. Gli ho chiesto se volesse essere trainato ma lui ha declinato l’invito. Ha acceso il motore e si è diretto verso il bacino di Panzano. Noi l’abbiamo seguito di poppa e ho visto che qualcosa non andava. A un certo punto il motore della Cutty Sark si è inceppato. Mosetti allora si è lasciato trainare stando al timone della sua barca. Giunti alla Svoc abbiamo saputo della tragedia».
Un’altra importante testimonianza resa al giudice è quella dello skipper triestino Fabio Apollonio: «Non partecipavo alla regata ed ero in mare per divertimento. Verso le 13.30-14, al largo di Punta Sdobba, ho notato una barca procedere in modo strano, in direzione opposta alla regata. Issava due vele della classe J24, sia la randa che il genoa avevano impresso il numero di riconoscimento. Sapevo a quali barche appartenevano le vele che quel giorno erano invece sul Cutty Sark. A bordo ho notato un uomo dai capelli neri e con la barba, ho visto solo il bordo sinistro dell’imbarcazione e non ho notato scalette. Ho chiesto all’uomo se avesse bisogno ma mi ha detto di no. Sono rientrato a Sistiana verso le 15. Solo il giorno dopo dai giornali ho saputo dell’incidente e l’ho collegato a quanto avevo visto. Mi sono presentato alla Capitaneria di porto per testimoniare». Nella prossima udienza la Procura chiamerà a deporre il medico legale Mareschi. Una deposizione chiave.
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