Montenegro, Đjukanović vince alle urne ma perde la maggioranza
In Montenegro il Partito democratico dei socialisti (Dps) del presidente Milo Djukanovic, al potere da quasi 30 anni, ha vinto di misura le elezioni parlamentari di ieri ma potrebbe perdere la maggioranza in parlamento se le tre principali forze di opposizione dovessero allearsi. Stando ai risultati ufficiali diffusi stamane dalla commissione elettorale dopo lo spoglio del 98,5% delle schede elettorali, al Dps è andato il 35,12% dei voti (30 seggi), rispetto al 32,52% (27 seggi) conquistato da Per il futuro del Montenegro, principale cartello dell'opposizione che comprende anche le forze di ispirazione filoserba. Altre due formazioni schierate all'opposizione - La pace è la nostra nazione e Nero su Bianco - hanno ottenuto rispettivamente il 12,55% (10) e il 5,57% (4). Percentuali minori sono andate ai Socialdemocratici (4,09%), al partito bosniaco (3,81%) e a formazioni della minoranza albanese e croata.
Le tre principali forze di opposizione, se si alleassero, potrebbero contare su 41 deputati, una maggioranza seppur risicata nel parlamento montenegrino di 81 seggi. Lo stesso Djukanovic, parlando nella notte dopo il voto, ha ammesso la possibilità per il suo partito Dps di perdere la maggioranza parlamentare, aprendo la strada a una coabitazione istituzionale tra presidenza e governo di diverso orientamento.
Per il partito di Đjukanović la situazione non è quella che sperava prima della consultazione. Formare un nuovo governo non sarà una questione molto agevole. Sicuramente sul balzo in avanti dell’opposizione, filorussa, è stata sicuramente la vicenda della “guerra” in atto tra il governo uscente (degli uomini di Đukanović) e la potente Chiesa serbo-ortodossa guidata dal metropolita gfggdfg dopo l’emanazione della legge sui beni immobili ecclesiastici in base alla quale gran parte delle chiese, dei monasteri e degli altri beni della Chiesa serbo-ortodossa montenegrina rischiano di venir statalizzati.
Una “guerra” che ha mobilitato la popolazione per le strade e nelle piazze del piccolo Paese Adriatico e che ha rischiato, al suo apice, di vedere il coinvolgimento dei militari, situazione che sarebbe stata molto vicina a un vero e proprio colpo di Stato. Ma Đjukanović, ancora una volta, era riuscito a gettare acqua sul fuoco. Ma, evidentemente, la brace covava sotto la cenere e alla prima occasione, il fuoco della rivolta si è ravvivato attraverso l’attizzatoio democratico del voto. Non dimentichiamo che il Montenegro è un Paese in via di adesione all’Ue ed è, a questo punto, in vantaggio rispetto alla Serbia di Aleksandar Vučić. Lo resterà dopo il voto di ieri? Molto dipenderà anche dalla posizione proprio della Serbia ma anche di Bruxelles, se si sveglierà in tempo. —
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