Montenegro, Chiesa ortodossa all’attacco: «Podgorica non ci ruberà i beni»
TRIESTE Che i rapporti tra Chiesa ortodossa e Stato in Montenegro non fossero proprio idilliaci è un fatto oramai assodato, principalmente perché il governo considera la Chiesa come la longa manus della Serbia e ostile all'indipendenza del Paese, che è stata ristabilita dopo un referendum nel 2006. Da parte sua, la Chiesa vede il governo filo-occidentale come ostile a ciò che considera il patrimonio serbo del Montenegro.
Se il fuoco covava sotto la brace, la fiamma dello scontro è stata improvvisamente reinnescata dal nuovo tentativo del Parlamento di Podgorica di varare una legge sulle comunità religiose del Paese, un ulteriore tentativo secondo i serbo ortodossi di appropriarsi dei beni della Chiesa da parte dello Stato, insomma una nuova nazionalizzazione dopo aver resistito a quella comunista della Jugoslavia di Tito. Addirittura il vescovo Joanikije di Budimlja-Niksić ha detto che le autorità montenegrine sono, nei confronti della Chiesa peggiori del vecchio regime comunista in Jugoslavia, accusando il governo di aver pianificato di legalizzare ciò che lui chiama il rapimento delle proprietà della Chiesa e giurando di resistere. «Non aspettatevi che andiamo in pace - ha tuonato il vescovo - non armeremo noi stessi ma difenderemo la nostra proprietà con le nostre stesse vite. Quando si tratta di questo, non ci sono regole. Non sto spaventando nessuno, ma è proprio così».
La nuova legge afferma che le comunità religiose possono mantenere la proprietà dei loro beni immobili e mobili solo se hanno la prova di poter esercitare questo diritto. Se non ci sono prove di questo tipo, si tratta allora di una proprietà che viene acquisita dallo Stato del Montenegro e rappresenta il patrimonio culturale di tutti i suoi cittadini. Tale proprietà sarà incamerata come tesoro culturale, cioè come proprietà statale del Montenegro, si legge nella bozza di legge.
La Chiesa serba afferma di non essere stata consultata nella stesura della norma contestata e accusa il governo di cercare di mettere la Chiesa sotto il suo controllo. L'ultima legge sulle comunità religiose è stata abolita nel 1979. In assenza di un quadro giuridico chiaro che definisca le proprietà ecclesiastiche, il governo ha prestato sostegno agli argomenti secondo cui le chiese e gli edifici religiosi non appartengono automaticamente alla Chiesa ortodossa serba, ma al popolo montenegrino. In segno di protesta contro gli ultimi piani del governo, il metropolita Amfilohije Radović, il principale vescovo serbo in Montenegro, ha convocato un consiglio della Chiesa il 15 giugno a Podgorica, che invierà un messaggio al «governo e alla comunità internazionale».
Il ministero per i Diritti umani e delle minoranze ha, da parte sua, assicurato le varie confessioni religiose del Paese che lo Stato non intende sequestrare le loro proprietà. «Se una comunità religiosa ha la prova che è diventata proprietario di alcune proprietà sulla base di regolamenti validi, lo Stato la ammetterà e la rispetterà», ha detto Zana Filipović, del ministero.
Il governo ha proposto una legge simile nel 2015, ma è stata ritirata dopo le proteste della Chiesa ortodossa serba e la questione è stata posticipata per i prossimi quattro anni. I deputati voteranno il disegno di legge in una sessione del Parlamento a luglio. Prima del dibattito in Parlamento, la commissione di Venezia, il principale organo consultivo legale del Consiglio d'Europa, dovrebbe però esprimere il proprio parere. —
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