Montascale rotto a scuola: bimba “bloccata” in classe a Trieste

Spostamenti impossibili alla Rossetti per un’alunna con la gamba fratturata. Genitori costretti a portarla in braccio. Il Comune e l’istituto: «Non c’è soluzione»
Lasorte Trieste 26/04/18 - Via Zandonai, Scuola Rossetti
Lasorte Trieste 26/04/18 - Via Zandonai, Scuola Rossetti

TRIESTE Intrappolata nella sua scuola per un mese, “bloccata” in classe, senza poter pranzare nella mensa e senza potersi fermare tutto il giorno nonostante la formula del tempo pieno. È la vicenda di una bambina di sei anni che frequenta la prima elementare alla Domenico Rossetti e che da qualche giorno, in seguito a una frattura, ha un gesso che dal piede arriva fino all’inguine. All’interno della scuola di via Zandonai, il montascale per disabili è rotto e l’unica soluzione per la piccola è che i genitori, ogni giorno, la portino in classe in braccio. Poi, però, non può mangiare insieme ai suoi compagni, perché impossibilitata a raggiungere il seminterrato dove viene servito il pranzo e deve quindi rientrare a casa anticipatamente.

Trovare una soluzione che permetta all’alunna di frequentare regolarmente la scuola sembra impossibile, come denuncia la mamma, Nicole: «Venerdì mia figlia si è rotta una gamba – racconta – e vista la portata del gesso sono andata a parlare con gli insegnanti per capire come gestire il problema. La classe si trova al primo piano, con due rampe di scale, la mensa invece è due piani più sotto. Mi hanno riferito che non era possibile fare nulla. L’unica soluzione è accompagnare su mia figlia in braccio e portare la sedia a rotelle in classe, perché il maestro ha detto che il bagno è troppo lontano e la bidella non si assume la responsabilità di affiancare mia figlia con le stampelle».



Non solo. «Alle 12 devo andare a prenderla, sempre in braccio, prima del pranzo - continua la mamma -. Credo sia pazzesco che un istituto scolastico non sia attrezzato per questo genere di situazioni. Stiamo parlando di una scuola dell’obbligo e mia figlia di fatto non ha la possibilità di frequentarla».

La bambina non può arrivare alla mensa in braccio alla mamma o con altri supporti: «Mi hanno spiegato che non è sicuro - sottolinea Nicole -, perché in caso di evacuazione non potrebbe raggiungere l’uscita e quindi è meglio che io la porti a mangiare a casa. È un peccato, mia figlia vorrebbe stare a scuola insieme ai suoi amici e non può farlo».

Al momento non c’è alcun modo per risolvere il disagio. La dirigenza dell’istituto comprensivo Valmaura, di cui fa parte la Domenico Rossetti, è chiara: «Ci dispiace ma non abbiamo gli strumenti per aiutarla – precisa la vicepreside Antonella Trippar –. Non possiamo spostare la classe in un piano più basso, non è possibile impiegare il personale in un lavoro extra e il montascale è rotto. D’altra parte – ricorda – l’edificio è molto vecchio e avrebbe bisogno di nuove attrezzature. Avevamo inoltrato in passato una domanda per una bambina disabile che frequentava la scuola: quella bimba ora si è laureata e qui ancora non si è visto il necessario per dotare la struttura di misure adeguate».

Nemmeno l’ufficio scolastico regionale, fa sapere, può intervenire, anche perché l’edilizia scolastica delle scuole primarie è di competenza del Comune di Trieste che, a sua volta, non ha potere di intervento. «Se si tratta di un bambino disabile che ha bisogno di un supporto, potremmo avviare le procedure necessarie all’installazione dei montascale – dice l’assessore comunale all’Educazione Angela Brandi –, ma trattandosi di una situazione di difficoltà temporanea, non ci sono i tempi tecnici per effettuare i lavori di riparazione o di installazione nuovi impianti».

Niente da fare quindi. La bimba dovrà contare solo sul supporto dei genitori, che a fatica quotidianamente affrontano le scale più e più volte. «Stiamo prendendo ferie per farle svolgere regolarmente le lezioni – aggiunge la mamma –, ma non so se avremo tante giornate per coprire tutto il periodo del gesso e poi anche della riabilitazione successiva. E non possiamo contare sull’aiuto esterno da parte di nonni o altre persone. Ci sembra davvero pazzesco che nessuno sia in grado di adottare un provvedimento risolutivo. Speriamo che qualcosa cambi, perché quello che è successo a mia figlia può succedere anche ad altri bambini».

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