Monfalcone, trovato cadavere in casa dopo un mese
È stato rinvenuto in camera, presumibilmente strappato alla vita durante il sonno. Disteso sul letto, le pantofole ai piedi, sullo scendiletto, un libro posato sul comodino. Un decesso per cause naturali.
Luigi Colautti, 75 anni, se n’è andato nel silenzio della sua solitudine. La scoperta della morte è avvenuta lunedì nel primo pomeriggio, quando nell’abitazione in via San Polo, al civico 89, sono intervenuti i vigili del fuoco, assieme agli operatori sanitari del 118 e ai carabinieri. Il medico legale ha stabilito la causa naturale dell’evento, ma la morte viene fatta risalire, com’è stato ipotizzato considerate anche le condizioni della salma, almeno ad un mese fa. Forse anche di più.
Un vicino di casa che lunedì s’è risolto a dare l’allarme, insospettito dalla lunga assenza dell’anziano monfalconese, avrebbe riferito agli inquirenti di non averlo più visto da circa due mesi. Una morte tra le mura di casa, dove Luigi aveva vissuto assieme al fratello Felice.
La tragedia familiare. Fino al giorno in cui, era la notte tra il 9 e il 10 novembre 2000, Luigi esplose un colpo di pistola, calibro 38, al cuore del congiunto. Fu per legittima difesa, stabilì il gup che prosciolse Luigi dall’accusa di omicidio volontario rinviandolo a giudizio per il solo reato di detenzione e costruzione di armi da fuoco. Quella notte Luigi, allora 59enne, rientrato insolitamente tardi a casa si coricò a letto, quando si trovò davanti Felice, allora 48enne, la sigaretta accesa in bocca. Luigi, infastidito dal fumo, lo allontanò chiudendo a chiave la porta. Felice prese un’ascia per sventrare la porta. E Luigi prese il suo revolver aprendo il fuoco. Il drammatico epilogo diffuse sgomento in città. Ma forse più che una impressionante sorpresa fu piuttosto quella che all’epoca del fatto venne comunque ritenuta una “morte annunciata”.
Con Luigi si è conclusa una storia di vita costellata di situazioni al limite, ben note alla comunità, rimaste circoscritte all’interno di un rapporto familiare magmatico capace però di diventare “aggressivo”. Luigi e Felice avevano vissuto in “simbiosi” nell’abitazione di famiglia, a pochi passi dal San Polo. Una sorta di “microcosmo” impermeabile ai più, dove si consumava un affetto fraterno fatto di un amore tanto viscerale da implodere spesso in tensioni emotive. È un po’ come l’amore che finisce, che deve quasi uccidere. E la presa in carico di Luigi di Felice, diventati la metà di una stessa mela dopo la morte dei genitori, il padre dopo lunga malattia, la madre lasciatasi andare nel canale De’ Dottori. A raccogliere ora il dolore è rimasta la sorella Diomira, che scelse la vocazione religiosa, ritiratasi in convento.
Vite contigue, quelle di Luigi e Felice, tra sofferenze e alienazione. Con Luigi ad abbracciare la convinzione del “complotto politico” nei confronti dei fratello, quando, era il 1976, un collega di lavoro di Felice, in quegli anni impiegato nel Comune di Turriaco, fu colto da infarto alla festa dell’Unità. Luigi stabilì, invece, che si era trattato di «un omicidio per mano comunista». Ciò legato al fatto che Felice e il suo collega avevano rifiutato di iscriversi alla Cgil e per questo, per Luigi, vennero minacciati. Una vera e propria ossessione la teoria del complotto, moltiplicata in circostanze diversificate.
Gli anni Settanta rappresentarono per Felice l’inizio dei suoi problemi psichici. Che Luigi volle “assumere in sè”, come una sorta di “dottore privilegiato”, altrettanto convinto che il fratello non ricevesse le cure o i trattamenti adeguati. Luigi, un’esperienza militare e la passione per le armi che sapeva anche costruire con perizia, ne convennero le forze dell’ordine durante le loro “visite” all’abitazione. Felice invece era appassionato delle armi da taglio. Passioni pericolose coltivate nell’ambito di un rapporto fraterno che sfiorò più volte il punto di non ritorno. Nel 1982 la città fu sconvolta da una sparatoria durata 5 ore che i due fratelli barricati in casa “ingaggiarono” con la polizia, intervenuta a causa di una delle loro frequenti liti. Nell’agosto del 1988 Felice aggredì ferocemente il fratello. E sempre Felice, dieci anni dopo, accoltellò un carabiniere davanti alla caserma di Sant’Anna. Luigi e Felice tanto “oscuramente borderline” quanto indivisibili a tutti i costi. Anche quando quella notte di novembre fu Luigi a compiere una tragedia da tempo temuta. Non fu intenzionale: voleva solo allontanare Felice con l’ascia in mano.
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