Monfalcone, trenta cantierini incrociano le braccia: «Troppi acconti e due mesi senza paga»

Partita la diffida degli operai, molti dei quali bengalesi, dipendenti di un’impresa dell’appalto Fincantieri Rivendicano il mancato saldo da giugno fino dicembre 2020 oltre agli stipendi di gennaio e febbraio
Lo stabilimento Fincantieri di Panzano al centro di una nuova querelle fra lavoratori e ditte dell’appalto. Foto Bonaventura
Lo stabilimento Fincantieri di Panzano al centro di una nuova querelle fra lavoratori e ditte dell’appalto. Foto Bonaventura

MONFALCONE Si sono rifiutati di lavorare, stanchi di non veder dar seguito alle promesse sui pagamenti spettanti della busta paga. Non è poco ciò che manca nelle loro tasche e alle reiterate richieste quello che sembrava un rassicurante «pagheremo» non sortiva invece alcun effetto. Si parla di sette mesi di saldi non percepiti, da giugno fino a dicembre 2020, e di due stipendi, quello di gennaio e ora di febbraio, appesi alle sole promesse. A incrociare le braccia una trentina di lavoratori, per lo più di nazionalità bengalese, dipendenti di un’impresa di appalto all’interno del cantiere navale di Panzano.

La situazione è culminata giovedì, quando tutti gli operai, che svolgono mansioni di canalista, alle dipendenze di una ditta specializzata nello smontaggio di tubazioni delle navi, si sono bloccati davanti allo stabilimento per manifestare la loro protesta. Nel frattempo si sono rivolti a un legale, l’avvocato Pablo Bottega, di Treviso, che ha inoltrato la diffida. «Sono stato contattato dai lavoratori che mi hanno messo a parte della loro protesta davanti al cantiere navale – ha raccontato il legale –. Mi sono incontrato con loro e ora mi sto procurando tutta la documentazione, le buste paga, per analizzare le modalità di retribuzione ed eseguire i conteggi circa gli importi spettanti. Ho provveduto a inoltrare la diffida alla società datrice di lavoro, nonché a Fincantieri, in ordine alla “responsabilità solidale” del committente, e per conoscenza all’Ispettorato del Lavoro».

L’avvocato ha aggiunto: «Questi operai non hanno alcuna intenzione di riprendere l’attività, fino a quando non saranno regolarizzati i pagamenti dovuti di diritto. Sono tutti residenti a Monfalcone, da diverso tempo, nel territorio si sono integrati assieme alle loro famiglie, qualcuno ha anche conseguito la cittadinanza italiana». La goccia che ha fatto traboccare il vaso dell’esasperazione è stata la mancata retribuzione relativa al mese dello scorso gennaio, ma, a questo punto, siamo di fronte anche a febbraio, ormai agli sgoccioli. «A fine gennaio – ha riferito l’avvocato Bottega – i lavoratori si sono presentati in azienda per richiedere la busta paga non ancora ricevuta. Nonostante la promessa di un rapido bonifico, non è stato rispettato il relativo versamento».

Finché sette di loro hanno deciso di stazionare davanti all’ufficio-container della ditta rilanciando le richieste, e alla paga di gennaio si è aggiunta quindi la rivendicazione dello stipendio di febbraio, compresi i saldi. Il giorno successivo i sette operai, pronti a intraprendere la nuova giornata lavorativa, una volta giunti ai tornelli dello stabilimento di Panzano sono rimasti di sasso: nel passare il badge di riconoscimento non è scattato il verde di accesso. Badge bloccato, ha continuato a raccontare il legale: «Gli altri colleghi che erano già al lavoro – ha proseguito Bottega –, venuti a conoscenza di quanto accaduto hanno abbandonato le loro postazioni e si sono uniti, per solidarietà, nel picchetto improvvisato nell’immediatezza».

L’incontro tra il legale e gli operai ha sortito l’accordo, con il mandato a inoltrare la diffida all’azienda. «I lavoratori ad oggi attendono di riscuotere i saldi degli stipendi da giugno fino a dicembre 2020, oltre alla paga dello scorso mese di gennaio, e vale anche quella del mese corrente», ha evidenziato l’avvocato che già qualche analisi e calcolo li ha iniziati a fare. «A fronte di nove ore al giorno di lavoro, da lunedì a venerdì - ha spiegato -, nella busta paga consegnata risultano solo gli acconti, peraltro circa un terzo delle ore lavorate sono state attribuite alla dicitura “ferie”, il che significa meno soldi». Il legale cita un esempio avendo passato in rassegna la documentazione consegnatagli: «Su 210 ore lavorate in un mese, in busta paga sono state regolarmente attribuite 120 ore, mentre 30 sono indicate come ferie. E si tratta di acconti. Con questi dati – ha argomentato –, non arriviamo neanche a 5 euro l’ora. Rispetto all’intera retribuzione siamo almeno a 700 euro di mancato pagamento».—

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