Monfalcone si sfila e fa implodere l’Uti

Il sindaco Cisint si dimette dalla presidenza: «Città maltrattata». L’ente già orfano di Fogliano e abbandonato da Grado
Di Tiziana Carpinelli
Bonaventura Monfalcone-04.03.2017 Consiglio comunale straordinario per le UTI-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-04.03.2017 Consiglio comunale straordinario per le UTI-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

Quella di ieri, che era cominciata come una giornata qualunque, si è trasformata ben presto in un buco nero capace di inghiottire in un sol boccone l’Unione territoriale intercomunale “Carso Isonzo Adriatico”. Mai come in queste ore a rischio implosione, dopo la clamorosa uscita del Comune monfalconese. Che peraltro da aprile la presiedeva e martedì si dimetterà dalla carica. Un pasticciaccio, quello dell’Uti Cia, iniziato con la disdetta di partecipazione alle “nozze” inoltrata dal sindaco di Fogliano Redipuglia Antonio Calligaris, mai entrato nel circuito a rottamazione della cara vecchia Provincia, andata in quiescenza da fine 2016. E recentemente affossata, l’Uti Cia, anche da Grado, che invece vorrebbe sposarsi con Aquileia. Ma il colpo di grazia gliel’hanno inflitto certamente ieri il sindaco Anna Cisint e la sua maggioranza di centrodestra, che in un Consiglio convocato in fretta e furia di sabato, in veste straordinaria, hanno liquidato l’Unione con la revoca della delibera del 12 ottobre 2015 con cui se n’era sancito l’ingresso, approvando atto costitutivo e Statuto.

La massima assise è stata anticipata da una conferenza stampa alle 10 coi capigruppo di maggioranza (tutti favorevoli al divorzio) in cui Cisint ha dettato la linea, adducendo la necessità di «difendere una città che è stata maltrattata sotto diversi punti di vista». Dopo due mesi di analisi puntuale il centrodestra ha dunque stabilito di uscire dall’Uti ritendendo «innanzitutto che la legge Panontin vìoli il diritto costituzionalmente sancito di rappresentare i cittadini da parte dei Comuni e il principio di autocontrollo dei medesimi». L’Uti, di per sé, implica a detta di Cisint una diminutio di potere dell’ente locale, così facendo venir meno in particolare quello dell’autodeterminazione. «Per lo Statuto vigente - ha spiegato Cisint - bastano cinque comuni favorevoli a un provvedimento che potrebbe risultare svantaggioso a Monfalcone per avallarlo: la nostra amministrazione, votata dai cittadini che ci hanno sostenuto, non avrebbe voce in capitolo». C’è poi la questione economica: «Uscendo dall’Uti non perdiamo niente, perché come sancito già da varie aule la Regione non può discriminare gli enti nella distribuzione di risorse - sempre il sindaco - per contro la partecipazione all’Unione determina una cessione di personale da dedicare alla redazione di bilanci e gestione di servizi che verrebbe distratto da altre funzioni e, in particolare, dai progetti concreti che intendiamo realizzare per la città». Sempre contrario alle Uti si è detto anche il vice Giuseppe Nicoli («c’era l’ordine di scuderia e il centrosinistra si è dovuto adeguare, ma io ho votato contro»), mentre il capogruppo della Lega Federico Razzini ha definito delle «porcherie» le creature varate dalla legge Panontin, avanzando semmai un domani la possibilità di accorpamenti più «dignitosi» per Monfalcone, ovvero con Trieste e Duino.

Sulla decisione, che era nell’aria, è arrivata anche la calata dei leghisti: da Mario Pittoni a Barbara Zilli, passando per i sindaci “ribelli” Daniele Moschioni (Corno di Rosazzo), Diego Bernardis (Dolegna). E ovviamente Calligaris: «Con quest’uscita l’Uti implode e si manda un segnale a livello regionale. Monfalcone decide di essere padrona a casa sua».

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