Monfalcone, scoperti nuovi casi di mesoteliomi da visite fatte per paura del Covid

Il direttore del Crua, Barbina, spiega l’anomala stabilità del dato registrato nei 10 mesi dell’anno. Con il timore del contagio virale tanti ex esposti fanno le radiografie toraciche per la prima volta 
L’ospedale San Polo di Monfalcone (Foto Katia Bonaventura)
L’ospedale San Polo di Monfalcone (Foto Katia Bonaventura)

MONFALCONE La paura del contagio da Covid-19 ha fatto emergere nuovi casi di patologie dovute all’amianto (placche e mesoteliomi). Si può infatti sostenere che la pandemia abbia “scoperto” il fenomeno amianto ancora sommerso, attraverso il ricorso a visite finalizzate invece alla verifica di una possibile affezione virale. Sembra un paradosso, ma l’ipotesi è tutt’altro che azzardata. In epoca di pandemia i primi controlli relativi alle indagini sanitarie legate all’esposizione all’amianto hanno mantenuto un andamento costante e tale da permettere di rilevare ulteriori casi di placche e mesotelioma pleurico, spesso, nel caso delle placche, preesistenti da diverso tempo.

Il timore del coronavirus ad alta trasmissione e dagli effetti rapidi sulla salute, ha rappresentato sostanzialmente la motivazione affinché ex esposti all’amianto si rivolgessero ai sanitari e anziché la positività al Covid il riscontro è stato la presenza di placche pleuriche. Con ciò a far ritenere che il “problema amianto” sia stato “sottostimato”. A sostenerlo è il dottor Paolo Barbina, direttore del Centro regionale unico amianto che ha sede all’ospedale di San Polo, scorrendo i dati dell’attività aggiornati al 31 ottobre 2020. Nei primi 10 mesi sono state individuate malattie da placche e mesotelioma pleurico conclamate, ma mai finora segnalate. E di fronte ad un calo delle visite, legate alla situazione sanitaria emergenziale, il dato relativo ai nuovi casi di placche pleuriche, anziché diminuire, come atteso, ha mantenuto un livello stabile. Veniamo ai dati, tenendo comunque conto sia dell’emergenza pandemica attuale, sia di un anno ancora da concludersi. Nei primi dieci mesi gli ingressi complessivi al Crua sono stati 569, rispetto a 930 del 2019. I nuovi casi di patologia legate all’amianto sono stati il 25,7%, lo scorso anno erano il 24,5%. I nuovi casi di neoplasie polmonare da gennaio ad ottobre sono stati il 7,7%, nel 2019 rappresentavano il 9,5%. Il calo però è legato esclusivamente ai tumori di origine polmonare mentre non si regista nei casi di mesotelioma pleurico, già ai livelli dell’anno precedente. In questo caso, spiega Barbina, va tenuta presente anche la possibilità di decessi che sono intervenuti nel frattempo. I controlli “programmati” per i pazienti con la malattia già riconosciuta nei primi 10 mesi sono stati il 30,9% relativi alle placche pleuriche e 2,3% in ordine ai carcinomi, nel 2019 erano stati rispettivamente il 28,5% e sempre il 2,3%.

Un andamento che fa riflettere e considerare il “fattore Covid” nel suo ruolo di “accelerazione” all’emersione di malattie pleuriche che sarebbero potute rimanere ancora sconosciute. «In generale – osserva il direttore del Crua – le prime visite tendono a calare, la paura della malattia asbesto-correlata infatti induce le persone a non farsi controllare. La sostanziale stabilità del dato relativo ai mesoteliomi pleurici fa supporre che almeno una parte dei nuovi casi sia legato a controlli eseguiti per verificare l’esistenza o meno del contagio da Covid-19. Ci sono stati pazienti infatti che per il timore di contrarre il virus si sono sottoposti ad una radiografia del torace che ha evidenziato la presenza di patologie legate alla pregressa esposizione ad amianto. Ricordo alcuni casi - continua - che ricostruendo la loro storia clinica presentavano le placche pleuriche già in radiografie di 10 anni prima». Aggiunge: «Diverso è il dato relativo ai nuovi casi di tumore, per i quali c’è da presumere che nel frattempo siano intervenuti i decessi».

Il Covid viene “percepito” come un rischio di morte nel breve periodo, rispetto ad un “male di amianto” che nel suo sviluppo ha tempi evidentemente maggiori, è il concetto espresso dal medico per spiegare il dato “anomalo” legato ai nuovi casi di placche pleuriche. Restano 2 mesi a concludere il monitoraggio su base annuale, tuttavia Barbina riferisce di ulteriori prime visite al Crua in queste ultime due settimane. Quindi prosegue: «Anche in “epoca Covid” il centro continua ad operare, al limite di quanto viene consentito. Dai dati raccolti nei 10 mesi risulta che il problema-amianto si viene ancora a “scoprire” e che quindi è stato sottostimato, come abbiamo avuto modo di constatare dai nuovi casi di placche pleuriche, spesso preesistenti e non segnalati». Infine sottolinea: «È essenziale il recupero degli indennizzi relativi ai casi di mesoteliomi riguardanti i famigliari, ed il rapporto che si è instaurato nel tempo con le direzioni mediche dell’Inail è tanto importante quanto utile in questo senso».—

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