Monfalcone, scomparsa il giorno in cui morì il fratello

TRIESTE Il paradosso sta proprio nella normalità di una vita tanto metodica quanto regolare. Quella di una nonna disponibile “a tempo pieno” per il suo adorato nipotino, e altrettanto precisa nella sua opera di volontariato. Quel 20 novembre Maria Maar, la 64enne conosciuta come “Marisa”, era uscita dal suo appartamento in viale Verdi 9, come se fosse andata a fare la spesa. Lo “raccontano” ciò che la donna, scomparsa da 5 mesi, ha lasciato. Un alloggio in ordine, vestiario compreso. La normalità delle sue abitudini veniva rimandata anche nel suo impegno come volontaria dell’Avo di Monfalcone, all’ospedale di San Polo, dove la donna copriva il turno del sabato sera, dalle 17 alle 19. È ancora in possesso delle chiavi dello spogliatoio a disposizione delle volontarie Avo nel reparto Rsa. Appeso è rimasto il suo camice. C’è la pensione non ritirata in banca. Pensione che la donna continuerà a ricevere, fatti salvi gli sviluppi d’indagine utili a chiarire cosa sia effettivamente accaduto, per dieci anni, termine oltre il quale viene dichiarata la morte presunta.

C’è un altro particolare. Il 20 novembre scorso, l’ultimo giorno di cui gli inquirenti hanno rilevato la presenza della donna in città, era deceduto il fratello, dopo una lunga e sofferta malattia. “Marisa” faceva la spola da Monfalcone a Trieste, per accudire il congiunto. Anche di questo non facile impegno s’era fatta carico, con la sua sensibilità nell’accudire i malati. Le colleghe dell’Avo, del resto, sapevano bene quanto fosse capace. Conoscevano il suo garbato riserbo, non senza però di condividere le passioni in comune, come quella del volontariato in ospedale. Conoscevano l’affetto che nutriva per il nipotino. Era la luce dei suoi occhi. Durante le perquisizioni che erano state eseguite dagli inquirenti, dall’appartamento, assieme alla borsetta e ai documenti personali, era mancata proprio la foto del bambino prelevata da una cornice.
I carabinieri hanno indagato in tutte le direzioni, passando al setaccio ogni possibile ipotesi, partendo dalla più “semplice” fino a contestualizzare scenari maggiormente complessi, se non preoccupanti. È stato controllato anche l’aspetto economico. Dalle verifiche bancarie non sono emersi elementi di nota. Il conto corrente della donna è risultato piuttosto basso, ma in attivo. “Marisa” percepiva una pensione modesta, frutto del suo lavoro nelle case di riposo. Da una decina di anni abitava a Monfalcone, trasferitasi da Trieste. E da almeno un anno operava al San Polo associata all’Avo, dove aveva seguito il corso di formazione.
La donna, prima della scomparsa, sembrava triste. Comunque qualcosa la preoccupava. Se n’erano in qualche modo accorte le volontarie dell’Avo. C’era chi pensava fosse legato al suo carattere piuttosto riservato.
La sua collega di turno, Rosa Bianca Bari, chiamata “Rosetta”, 73 anni di Staranzano, l’aveva vista un po’ strana: «Mi sembrava, sentivo, che era triste. Non per questioni familiari, anzi. Non riuscivo a capire - spiega -, ma non volevo approfondire. Non confidava nulla di se stessa, se non pochi particolari, o ricordi. Tra noi era nata un’amicizia, pur nell’ambito della nostra opera di volontariato. Le volevo bene». “Marisa” cercava un lavoro, per arrotondare la magra pensione.
Quando la sua assenza in ospedale cominciava a ripetersi senza motivazioni di sorta, “Rosetta” aveva chiamato “Marisa” al cellulare. Le prime due volte aveva squillato. Nessuna risposta. E le cinque volte successive il cellulare era invece spento. “Rosetta” le aveva inviato anche dei messaggi: «Cosa è successo, perché non rispondi?».
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