Monfalcone, scatta lo sciopero dopo il quarto licenziato
MONFALCONE Fiom sulle barricate: la strategia della “resistenza” passa attraverso la proclamazione di un pacchetto di otto ore di sciopero, sancito alle assemblee «trasversalmente affollate» di lunedì alla sala mense della Fincantieri. L’astensione da lavoro, di volta in volta, «sarà condotta in maniera chirurgica contro l’azienda, senza dissanguamenti».
Con buona pace per le altre due sigle, Fim e Uilm, che si sono al momento sfilate: «L’unitarietà si costruisce dalla base ed è un dato di fatto che la decisione è stata appoggiata, con la loro presenza, anche da tesserati storici degli altri due sindacati», così ieri il segretario provinciale Livio Menon, alla conferenza stampa indetta in via Pacinotti.
Dunque nella medesima giornata in cui partiva la quarta lettera di licenziamento, dopo le prime tre raccomandate con ricevuta di ritorno inoltrate la scorsa settimana per “pennichella non autorizzata” allo stabilimento di Panzano, le assemblee tenute dai delegati Fiom-Cgil decretavano per ogni turno altri sessanta minuti di braccia incrociate.
Il sindacato di Maurizio Landini ha detto «no» all’espulsione in tronco dei lavoratori, invitandoli a ricorrere al Giudice del lavoro, impugnando il provvedimento ritenuto invece dall’azienda «per giusta causa», e mettendo a disposizione degli operai in questione, fino a prima attivi del settore della carpenteria, lo staff legale della Confederazione se ne avranno bisogno.
«Si tratta - ha spiegato Moreno Luxich, Rsu Fiom - di persone che hanno alle spalle almeno 15 anni di lavoro irreprensibile, senza aver mai subito prima rapporti disciplinari». «Non ci sono state neppure contestazioni di scarso rendimento in merito alle attività svolte», chiosa Livio Ceschia, altro delegato della sigla. Il più anziano del quartetto ha 53 anni. Gli altri viaggiano attorno alla quarantina. «Tutti padri di famiglie monoreddito con figli a carico», hanno sottolineato di concerto durante l’incontro.
Luxich ha ribadito di non voler «difendere l’indifendibile», ma «in questa vicenda ci sono forti dubbi»: «Da un lato sei operai, quelli della squadra finita nel mirino, che riferiscono tutti la stessa versione e dall’altro il superiore, alle cui parole l’azienda ha dato però univoco credo».
Vicenda che, ricordiamo, registra appunto due resoconti totalmente divergenti, col capo prodotto a denunciare di aver «colto in flagranza» di sonno i quattro sulle panche dei container e questi ultimi a riferire invece di una pausa posticipata (rispetto a quella fissata dall’azienda per il turno notturno tra le 2 e le 2.30) e «concordata», dopo che le operazioni erano arrivate a buon punto.
Su quanto dichiarato, anche ieri, l’azienda è però rimasta ferma, rilevando come il capo prodotto si fosse assentato attorno alle 24 per andare a verificare le produzioni in altra area, rientrando verso le 3.30, quando aveva dovuto alzare la voce per svegliare gli operai.
«C’è un netto contrasto - ha rimarcato Menon - tra quanto sostenuto da Fincantieri e quanto dichiarato da sei lavoratori. Nonostante ciò l’azienda ha assunto una posizione netta, licenziando le persone che affermavano di essere in pausa concordata col responsabile. Qualcosa non va in questa storia e per questo solleciteremo di prendere le vie legali».
Insomma, la parola dell’uno contro quelle degli altri. Di qui la scelta dello sciopero «concordato in assemblea - sempre il segretario provinciale Fiom - per ribadire il concetto di dignità del lavoratore, sancito dalla Costituzione: le posizioni contrastanti vanno verificate». Ma ci sono anche aspetti riferiti in materia di sicurezza che fanno storcere il naso alla Cgil, che inoltre sollecita «maggior concretezza, in merito all’integrativo, sul tema degli appalti».
Gli ha fatto eco Luxich: «Se l’azienda applica un metodo di ascolto unilaterale in caso di contenzioso allora la situazione si fa devastante. Con questo atteggiamento Fincantieri manda un messaggio molto chiaro: o ti comporti in un certo modo o ci sarà chi ti testimonia contro».
Tra l’altro, sempre a detta del componente di Rsu, con la vicenda si è creata «una divisione tra due settori strategici della produzione» che invece dovrebbero operare congiuntamente. Sempre stando ai sindacati risulta ad ogni modo che «il lavoro assegnato alla squadra dei sei lavoratori, quattro dei quali licenziati, fosse stato portato a termine o comunque quasi del tutto eseguito».
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