A Monfalcone Salvini rilancia sul porto e attacca le moschee: «Non rispettano le leggi»
Il vicepremier e segretario leghista in tour per sostenere i candidati di centrodestra: «Monfalcone è indubbiamente meglio di quando l’abbiamo presa dieci anni fa»

«Per il numero di volte che sono venuto a Monfalcone e per gli investimenti che abbiamo fatto, forse, la conosco più io, questa città, del candidato del Pd. Magari lui però conosce meglio di me le moschee: io di certo preferisco il porto e gli operai». La politica che graffia ha sempre il suo brand e Matteo Salvini è lo stylist della freddura cucita sull’abito dell’avversario. A Monfalcone, il vicepremier in lupetto e giacca ton sur ton, spezza il ghiaccio così, pigliandosela subito con Diego Moretti, neppure presente e ci mancherebbe. Attacca il comizio, alle 17.42, in discreto ritardo. E dopo l’imprevista disdetta della “vasca” in centro.
Questo, da lui, il Salvini che si galvanizza con le folle, che nei passati tour qui s’era scamiciato in via Rosselli per indossare la t-shirt con la scritta “Cisint sindaco”, che alla scansione del coretto “Mat-teo, Mat-teo” dei fan aveva chiesto di non esagerare altrimenti i «quattro poverini al gazebo del Pd pensano ci sia Renzi», non se l’aspettano, supporter e massa media. Neanche lui, forse. Il Capitano, all’ultimo, è però costretto a rinunciare al «giro nelle criticità urbane», annunciato 24 ore prima. Impegni istituzionali di più alto rango.
Già a pranzo il ministro alle Infrastrutture chiede in prestito uno spazio riservato in municipio per collegarsi verso le 15, da remoto, con la p
E quindi il discorso a braccio, dopo l’intervento di Luca Fasan e le parole del governatore Massimiliano Fedriga, dell’eurodeputata Anna Cisint e del senatore Marco Dreosto: «Uno deve scegliere il sindaco non in base all’ideologia, di sinistra o destra, tra fascisti o comunisti. Monfalcone è meglio di come l’abbiamo trovata 10 anni fa sì o no? Uno guarda allora le aiuole, gli asili, le case...Certo, c’è ancora un tema su cui bisogna lavorare di più, dove però non è il Comune da solo che può far battaglia: serve il pubblico. E io ne ho parlato già diverse volte, ma non è bastato quindi lo farò ancora, con l’amministratore delegato di Fincantieri».
«Perché – rimarca – non sono stato abbastanza convincente, mettiamola così». Salvini guarda prima al porto di Monfalcone, ai suoi «350 lavoratori, con il 6% in più di ricchezza» e poi, di fronte, al bacino navalmeccanico, «con le due meganavi».
«L’azienda ha un portafoglio di ordini pieno per i prossimi 10 anni e a me fa piacere –sempre il vicepremier – ma una cosa ho chiesto e la solleciteremo con ancora maggior forza assieme Anna e cioè che la maggior parte di quella ricchezza vada alle aziende, ai disoccupati e agli operai del territorio. Perché è una grande azienda partecipata dal pubblico: non può fare ricavo privato e poi la sera, quando si spengono i lampioni, sono i cittadini e le periferie di Monfalcone a pagare dazio...».
A proposito di dazi, «nessun bazooka contro gli Stati Uniti, nessuna guerra commerciale, come qualcuno sta sproloquiando a Bruxelles». «Se qualche commissario europeo lo dice – aggiunge – va ricoverato, perché non è il momento di far guerre né militari né commerciali. È ora di chiedere all’Europa di tagliare l’eccesso di burocrazia che c’è, di fermare il Green deal, il patto di stabilità per permettere di finanziare famiglie e imprese».
E quindi «Trump ci servirà a tagliare le scartoffie». Quanto al tema della migrazione «non è questione di colore della pelle, bensì di chi viene a Monfalcone a farsi gli affari propri». E sulle recenti sentenze del Consiglio di Stato «non puoi aprire moschee abusive dalla mattina alla sera».
C’è solo, scandisce, «una confessione, l’Islam, che non arriva per offrire integrazione bensì conquista di pezzi di città»: faccia come le altre religioni e «sottoscriva con la Repubblica, l’accordo per il rispetto delle leggi». Salvini ribadisce: «Non c’è disponibilità a cedere pezzi di territorio a una religione che ritiene la donna, per molti praticanti, valere meno dell’uomo». O te ne «torni al paese tuo», suggerisce chiudendo con l’appello al voto.
La giornata debutta a Portorosega, dove alle 12.30 il vicepremier sbarca a grandi falcate. Pioggia di strette di mano, la prima ad Antonio Gurrieri dell’Autorithy. Poi ai rappresentanti degli ormeggiatori, rimorchiatori, terminalisti (Gian Carlo Russo si vedrà in piazza). Il ministro si sposta a Marina Julia, dove un buffet lo attende alla spiaggia di Pippo. Sulla Lega che oggi ha «503 sindaci», ma era «partita senza soldi», cala il sipario al Minimax, dove c’è la grigliata cheap, a 15 euro. —
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