Monfalcone, pausa pranzo troppo corta: rischio multa per un panino
MONFALCONE Mangiare un panino durante la pausa-pranzo può sembrare semplice, ma a volte non lo è. Non c’è sempre tempo sufficiente per raggiungere la mensa, o comunque le aree dedicate, e tornare al lavoro. Consumare cibo e bevande al di fuori delle specifiche postazioni è vietato. La multa è tra 50 e 100 euro. È evidente, come necessario, garantire pulizia, compresi gli aspetti di carattere igienico-sanitari e di sicurezza. «Almeno per una parte di lavoratori, la pausa-lavoro risulta risicata», sostengono la Fiom e la Cgil che hanno sollevato la questione dopo che al sindacato si sono rivolti una serie di operai, dipendenti di ditte diverse, a far presente le loro difficoltà. «Sulla base di quanto registrato all’ufficio vertenze – spiega il segretario generale della Cgil, Thomas Casotto –, abbiamo constatato che il fenomeno è più diffuso di quanto si possa pensare. Il sistema organizzativo del lavoro è tale che molti, se non procrastinano il pranzo a fine turno, violano il divieto a loro rischio e pericolo. E le multe alla fine vengono detratte dalla busta paga».
La pausa-pranzo va dai 30 ai 45 minuti, a seconda delle turnazioni, vale per dipendenti diretti e dell’indotto. Fincantieri ha fatto sapere che è prevista una nuova area di ristoro attrezzata, al pari di quelle esistenti, e che servirà ad agevolare ulteriormente i lavoratori. Ha chiarito che la gestione degli orari e della pausa-pranzo dei dipendenti dell’appalto attiene alle ditte datoriali, in base all’organizzazione interna del lavoro. La Fim Cisl, con il segretario provinciale Gianpiero Turus, osserva: «Il problema si trascina da tempo, ed è stato messo in conto», confermando gli investimenti di Fincantieri in tal senso. «Altro aspetto – aggiunge – è la sensibilizzazione delle ditte d’appalto, che devono fare la loro parte». Quindi argomenta: «Ci sono imprese che trattengono i propri dipendenti fino all’ultimo momento dell’inizio della pausa-pranzo, se non oltre. Il nostro ruolo è dunque anche quello di rilevare e affrontare le violazioni contrattuali. Le multe, peraltro, rappresentano un segnale alle ditte che non sempre assicurano ai lavoratori le condizioni dovute nell’ambito dell’organizzazione interna. Certo è – continua – che una volta implementate le aree di ristoro, si potrà presumibilmente capire chi, tra i lavoratori e le imprese, non rispetta le regole a prescindere».
Il segretario della Uilm Trieste-Gorizia, Antonio Rodà, spiega: «È una situazione variegata. C’è una mensa adeguata, tuttavia la zona come quella del bacino è sprovvista di spazi dedicati al pranzo, considerando la distanza rispetto all’area di ristoro di riferimento». Rodà si sofferma sulla tutela dei diritti contrattuali nell’ambito dell’appalto, «una battaglia inserita nello stesso Contratto collettivo nazionale del lavoro. Abbiamo iniziato anche a Monfalcone questo percorso, al fine di addivenire ad accordi di secondo livello, per sostenere le legittime aspettative di questi lavoratori. È importante avvicinarli ai sindacati, per costruire assieme una piattaforma specifica dei diritti che non sono ancora contemplati».
Per Fiom e Cgil il punto rimane il rispetto delle regole mettendo in grado tutti i lavoratori di poterlo fare. «Riteniamo che ci siano margini di intervento – sostiene il segretario della Fiom, Livio Menon –. È un principio di dignità del lavoro, Fincantieri deve intervenire sul problema. È anche una questione di civiltà, che giustamente si pretende, ma a fronte di adeguate condizioni. Bisogna trovare una soluzione che permetta a tutti i lavoratori di consumare il pranzo correttamente». Casotto rileva un altro aspetto: «Stando a quanto abbiamo appreso da alcune imprese dell’appalto, una quindicina, si riscontra un costo del personale molto elevato. Sono aziende la cui attività principale è l’offerta di manodopera. In questo contesto le ditte sono soggette ad andare facilmente in difficoltà e i lavoratori finiscono per subirne le conseguenze».—
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