Monfalcone, operai in depressione alla Eaton fantasma

MONFALCONE La Eaton in viaggio verso il buio assoluto, come un satellite nello spazio che ha perso l’orbita e che vaga verso l’infinito e l’autodistruzione con il suo carico umano di 157 operai. Più gli interinali e l’indotto. Mancano meno di 75 giorni alla fine, succederà a fine marzo, e nello stabilimento monfalconese l’atmosfera è surreale, allucinata.
E il paradosso vuole che gli operai continuino a recarsi ogni giorno al lavoro, quasi per abitudine, come se nulla stesse accadendo come una nave fantasma che si avvicina alla tempesta nella finestra di caldo e silenzio irreale che precede l’arrivo del neverino. Tre turni di lavoro ogni giorno, 6-14, 14-22, 22-06, dal lunedì al venerdì, poi il sabato e la domenica il presidio con il gruppetto di operai che vivono accampati nella saletta delle Rsu della fabbrica. Non c’è più nulla da fare o quasi anche se qualcuno dice che ci sarebbe materiale per fabbricare ancora un milione di valvole, l’aria è cupa, e gli operai continuano a entrare dai cancelli, a timbrare il cartellino. Fanno le pulizie dei macchinari, continuano con i lavori di manutenzione e la messa a punto, come se da un momento all’altro arrivasse il carico di materiale grezzo da lavorare.
La stessa azienda che li ha messi sulla strada ha consigliato, a chi non se la sente, di restare a casa che tanto non cambia nulla. Invece sono tutti lì, presenti, ogni giorno, come l’equipaggio di una navicella senza meta che a breve non darà più alcun segnale di vita.
«Cosa volete che facciamo, siamo a disposizione dell’azienda, e la gente fa i turni come sempre, viene e timbra – commenta con amarezza Luca Sterle, coordinatore delle Rsu – la multinazionale americana ci ha preso a pesci in faccia. Fa discorsi ipocriti sull’etica e il comportamento virtuoso, poi caccia la gente a pedate in strada». Gli effetti si leggono in questi giorni in fabbrica nei volti della gente con l’aria allucinata e che gira a vuoto. «È così – conferma Sterle – e la situazione deve essere resa nota. Non c’è soltanto il forte impatto economico dopo la chiusura dello stabilimento, ma anche quello psicologico. La gente sta andando in depressione, e sta succedendo come nella crisi precedente, con operai ricoverati e alcuni finiti anche al Centro di igiene mentale».
La sensazione che pervade tutti è quella dell’impotenza di fronte alla decisione di una multinazionale americana come la Eaton che fa il bello e il cattivo tempo sul mercato senza pagare alcuna conseguenza, rincorrendo solo i propri interessi e con nessun valore o impegno di crescita sociale. Anche da parte delle istituzioni che in questi giorni hanno dimostrato di essere impotenti e debolissime di fronte all’arroganza e ai no dell’azienda a qualsiasi soluzione di compromesso per salvare stabilimento e posti di lavoro. Ma c’è anche il risvolto peggiore. Molti operai si sono sentiti usati, strumentalizzati. «Non è consentito usare questa crisi e la gente che ne è rimasta vittima per fare campagna elettorale – attacca il segretario generale della Cgil di Gorizia, Thomas Casotto – aspettiamo risposte istituzionali da qualunque parte vengano purché diano soluzioni occupazionali. Parliamo con tutti ma pretendiamo serietà e rigore. Ci sono soluzioni possibili, guardiamo a Fincantieri, crediamo sia legittimo e doveroso battere anche questa strada. Ma anche all’indotto. Far entrare alcuni lavoratori in alcune aziende serie potrebbe aiutare anche a combattere l’illegalità che impera su questo fronte».
Per Sterle l’altra soluzione è quella di cambiare le regole. «Non c’è copertura sufficiente per accedere alla cassaintegrazione – accusa – chiediamo alle forze politiche di modificare le regole del Job’s act. Quando c’è stata l’ultima crisi con le regole di oggi avremmo chiuso già da un pezzo lo stabilimento. Invece servono ammortizzatori sociali e strumenti per traghettare stabilimento e maestranze fuori dalla crisi».
Non ci sarà ancora alcuno sciopero, nessuna assemblea. I lavoratori in due ondate andranno domani in Comune a Monfalcone a consegnare i curriculum. «Chiederemo al sindaco di dirci se ci sono quei posti di lavoro di cui parlava a Fincantieri – fa una battuta il segretario della Fiom Livio Menon – e se non avremo risposte concrete torneremo nel pomeriggio e poi andremo avanti con la Regione e poi dal governo a chiedere soluzioni e la ricollocazione».
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