Monfalcone, mamma di tre figlie abusiva «per necessità»

Una 32enne disoccupata e senza un tetto ha preso possesso di una casa popolare in via Bagni
Una veduta su Monfalcone, dove l’emergenza casa resta alta
Una veduta su Monfalcone, dove l’emergenza casa resta alta

MONFALCONE Abusiva, ma solo per «necessità». Una madre separata di 32 anni da alcuni mesi ha occupato, assieme alle sue tre bambine di 9, 10 e 4 anni, un alloggio sfitto in via Bagni. È già stata convocata dall’Ater e teme di finire, da un giorno all’altro, sulla strada. Per questo si è rivolta al nostro giornale, autodenunciando la situazione nella speranza di ottenere aiuto. Lei vuole lavorare, per tornare in sella alla sua vita e permettersi di prendere in affitto un appartamento. Ma nonostante il diploma di maestra e il frequente invio di curriculum, nessuno l’ha mai chiamata per offrirle un impiego.

Alloggi Ater appannaggio degli ex jugoslavi
Altran Mf-Case SPAINI

La protagonista di questa vicenda si dice però «disposta a ricoprire qualunque mansione, anche pulire i bagni di notte, pur di strappare un contratto di lavoro»: senza quel pezzo di carta, infatti, nessun proprietario di immobile le intesterebbe mai un contratto di locazione. E così lei, originaria di Napoli ma da anni residente a Monfalcone, e le sue figlie si troverebbero condannate a rimanere senza un tetto sulla testa. Insomma, un cane che si morde la coda.

La 32enne sa «di non aver fatto una cosa bella, ma non me ne vergogno: qualunque strada perseguita per il bene delle mie figlie, ai miei occhi, è giusta». È tuttavia un dato di fatto, lo spiega l’assessore alle Politiche sociali Cristiana Morsolin, disponibile a predisporre un progetto per il nucleo, che occupando un alloggio pubblico ha peggiorato la propria situazione: per 5 anni, sulla base di una precisa disposizione regionale, non potrà accedere ai bandi di assegnazione delle case popolari.

Caccia agli alloggi low cost messi in vendita dal Comune
Bonaventura Monfalcone--foto di Katia Bonaventura

La donna, costretta a sloggiare dalla precedente abitazione presa in affitto da un privato «per la rescissione del contratto da parte del marito» da cui si era separata e che comunque ottempera regolarmente al mantenimento delle figlie con 500 euro mensili, aveva vissuto per qualche mese a casa del fratello. Ma in sei, in un monolocale di 40 metri quadrati, la convivenza non si era rivelata semplice. Di qui la decisione di andare contro legge. La donna, prima di indirizzarsi in via Bagni, aveva occupato (ma per un solo giorno) un altro alloggio.

«Era già stato assegnato - spiega la donna -, così non ho potuto fare altro che andarmene». «Un’amica - prosegue - mi ha dato la dritta, dicendomi che c’era un alloggio sfitto da 2 anni e occupato di notte solo da zingari. Ci sono andata ed effettivamente ho trovato segni inequivocabili del loro passaggio. Subito ho cambiato la serratura, gettato i materassi e mi sono insediata. Penso sia più giusto che lo usi una mamma disoccupata. Loro, le bambine, non sanno nulla. Pensano semplicemente che ci siamo trasferite. Io le seguo molto e anche gli assistenti sociali, venuti a scuola, hanno constatato che si tratta di piccole educate e ben curate».

Sfratti esecutivi, a rischio 120 famiglie
Bonaventura Monfalcone-20.09.2014 Presentazione progetto-Europalace-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

La donna non ha intenzione di spostarsi da lì: non saprebbe davvero dove andare. «Il Comune mi deve aiutare - conclude la 32enne -, so che ci sono persone in condizioni simili che ricevono aiuti economici: spero che una soluzione si possa trovare. Ma non accetterò, come proposta, un biglietto di sola andata a Napoli o di lasciare le mie figlie in casa famiglia: a loro non rinuncio e non mi fido di nessuno».

«Da anni funziona una rete collaudata per gestire tali situazioni di disagio - spiega l’assessore Morsolin -. Al momento ci sono altre 4 persone con sfratto esecutivo. Esistono prassi da seguire e non si può privilegiare chi chiama il giornale: per noi tutti sono uguali e vanno trattati allo stesso modo. La signora si è rivolta ai nostri Servizi sociali lo scorso dicembre e al secondo appuntamento non si è presentata, salvo rifarsi viva qualche giorno fa».

Circostanza negata dalla donna, che dice «di non essersi potuta presentare solo una volta per via di un malessere». «Comunque - conclude Morsolin - se c’è l’impegno a costruire insieme un progetto, l’amministrazione farà la sua parte. Mi attiverò con Ater per evitare il peggio. Qui nessuno finirà sulla strada: non è mai avvenuto, proprio grazie alla rete creata dal Comune. Capiamo le difficoltà e cercheremo di fare il possibile».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo