Monfalcone, l’opposizione si rivolge al prefetto per convocare un Consiglio sul Covid-19
TRIESTE Al quarto respingimento non ci hanno visto più. E convinti di essere dalla parte della ragione, del diritto soprattutto, sono andati a spulciare perfino le sentenze emesse nel 1996, nel 2001, nel 2003 e nel 2004 dai Tar del Piemonte, della Puglia (per due volte) e della Sardegna trovando nelle proprie argomentazioni un terreno giurisprudenziale «ampiamente consolidato». Così, alla fine, hanno presentato la loro memoria, lo scorso 4 giugno, al prefetto di Gorizia Massimo Marchesiello chiedendo in una lettera il suo «intervento sostitutorio» affinché possa essere convocato un Consiglio comunale straordinario sull’emergenza Covid-19, in prima battuta respinto dal presidente consiliare Paolo Bearzi.
Opposizione sulle barricate: la penuria di commissioni e Consigli, di luoghi dove potersi confrontare e dare un contributo, secondo le prerogative del mandato, spinge il centrosinistra a ricorrere alle maniere forti, per essere ascoltato. E «non trovando più nella figura del presidente del Consiglio un organo di garanzia», ne invocano «le dimissioni». Il diretto interessato, Bearzi, la prende con filosofia: «Le hanno chieste per tutti, mi pareva strano non arrivassero anche per me». E rivendica la scelta.
«Pure noi siamo stati eletti, proprio come loro. Non siamo stati estratti a sorte. Abbiamo il diritto di esercitare le nostre prerogative», tuona invece Omar Greco, consigliere di Art 1 in Gruppo misto, parlando di «diritti della minoranza quotidianamente calpestati». È l’ex vicesindaco della giunta Altran, alla conferenza stampa indetta ieri all’ex Pretura, a riepilogare per sommi capi la vicenda: lo scorso 6 maggio un quinto dei rappresentanti dell’Aula – ai sensi dell’art. 31 (comma 3) del Regolamento che discetta sulle modalità secondo cui può essere convocata la massima assise in via straordinaria – inoltra formale richiesta di un Consiglio sul coronavirus, cioè sulle ricadute sociali ed economiche che interessano la collettività. Sono i giorni in cui, peraltro, i commercianti scendono in piazza a chiedere il riavvio.
«Il regolamento – precisa Greco – ricalca il comma 1 dell’articolo 43 del d.lgs 267 del 2000 che prevede, tra l’altro, che il Consiglio debba essere convocato entro venti giorni dalla presenza dell’istanza da parte di un quinto dei consiglieri. Non è previsto dalla legge che il presidente valuti a suo insindacabile giudizio se le motivazioni che animano i richiedenti siano più o meno valide e tantomeno può valutare tempi o priorità, dovendo attenersi soltanto alla verifica formale dell’istanza». Dunque si tratta di un atteggiamento, quello di Bearzi, che ha loro replicato come il tema fosse stato «oggetto di ampio e dettagliato approfondimento svolto dal sindaco durante il bilancio», la seduta-fiume di 11 ore ad aprile, «grave e lesivo del diritto-dovere di ogni consigliere a svolgere la propria funzione». «Bearzi si è arrogato il potere di scegliere a proprio piacimento se convocare o meno il Consiglio», arringa Greco. Per questo e anche per alcuni commenti letti sul profilo social privato del leghista «il presidente, che oltre che un’istituzione di garanzia deve anche essere imparziale, non gode più della nostra fiducia e ne chiediamo le dimissioni».
La lettera al prefetto è stata sottoscritta da Fabio Delbello, Paolo Fogar, Annamaria Furfario, Lucia Giurissa, Omar Greco, Elisabetta Maccarini, Cristiana Morsolin, Gualtiero Pin. Quest’ultimo, pentastellato, osserva: «Bearzi è la cartina tornasole che il sistema amministrativo è alla deriva, infatti oltre alle massime assisi si svolgono anche pochissime commissioni, luogo della programmazione di un Comune. Un buon sindaco rappresenta tutta la città, mentre il nostro è di parte e questo non fa onore a Monfalcone».
Morsolin (la Sinistra) invece annuncia, alla luce della rigidità palesata dal centrodestra, che andrà «a verificare la sussistenza del numero legale nell’ultimo bilancio, posto che quel giorno non è stato possibile farlo» per le oggettive complicanze nelle verifiche, alla luce della considerazione che le “schermate nere” sono dilagate in varie fasi, pure per via della maratona consiliare. Altro neo denunciato i «tempi infiniti di risposta alle interrogazioni, cui si dovrebbe dare replica entro trenta giorni, mentre invece qui si finisce con il discuterle ogni morte del papa». «Hanno paura di rispondere?». Morsolin ritiene di sì. Dalle fila dem Delbello promette, vista la “latitanza” del Piano del commercio «denunciata dallo stesso Nicoli di Forza Italia», che entrerà a gamba tesa sull’argomento, dal momento che non lo affronta «la commissione fantasma». E pure sulle scuole, «in particolare quella dell’infanzia», posto che «le famiglie qui ancora attendono le graduatorie e non sanno se il loro figlio è accolto o meno, mentre a Staranzano, per esempio, sono uscite già a febbraio». «Non si può portare avanti una città complessa come Monfalcone – sottolinea il collega Fogar – con la sola maggioranza. Invece, anche quando il centrosinistra porta un contributo, veniamo subito messi a tacere. Per me, democrazia significa dibattito generalizzato. Punto. Non si può lavorare in questa maniera». «Bearzi sta svilendo la massima assise – conclude Furfaro –, mentre in un parere il Consiglio di Stato rimarca la neutralità quale requisito per la figura del presidente consiliare». –
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