Monfalcone, l’ex compagna di Ramon Polentarutti: «Dopo il litigio non lo vidi più»

Francesca Costantino in Corte d’Assise: «Aveva lasciato il cellulare a casa». La vicina racconta del falò: «Un odore nauseabondo, come le verruche bruciate»
Bonaventura Monfalcone-08.11.2012 Ricerche sommozzatori-Canale Valentinis-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-08.11.2012 Ricerche sommozzatori-Canale Valentinis-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

MONFALCONE Era passato mezzogiorno. La mattina del 6 aprile 2011 avevano litigato. Ramon Polentarutti era andato dalla madre, lei a Staranzano, dalla sua di madre, lasciandole la bambina prima di andare al lavoro. Fu l’ultima volta che Francesca Costantino lo vide. L’uomo aveva lasciato il cellulare nell’appartamento, come i suoi oggetti e vestiti, «finiti tra le cose di Garimberti». Il monfalconese scomparso il 14 aprile di quell’anno, s’inabissò da Monfalcone, finché parti di ossa furono rinvenute nel Valentinis, il 2 novembre 2012. Ieri, davanti alla Corte d’Assise presieduta dal giudice Dainotti, si sono succeduti i ricordi della compagna di Ramon, giunta dalla Germania dove risiede con la figlia. Altra udienza del processo a carico di Roberto Garimberti, per omicidio volontario, distruzione e soppressione di cadavere. Durata l’intera giornata e sempre molto combattuta, tra pubblici ministeri, parti civili e difesa. Altre sequenze di quel terribile passato. Come il falò nel giardino di Garimberti. Federica Zorzin, vicina di casa, una mattina uscita in terrazza era stata colta da nausea: «Ho sentito un fortissimo odore, di carne umana, simile alle verruche bruciate». Qualche fiamma e fumo intenso, che avevano spinto la donna ad andare dalla mamma. Lì aveva fatto una telefonata: «Stanno bruciando un cadavere», avrebbe comunicato la donna ad un ex poliziotto che conosceva.

Ieri ha aggiunto: «Il “rosso”, così lo chiamavo per il colore dei capelli, mentre stavo passando davanti alla sua abitazione, c’erano altre due persone con lui, mi aveva detto: “Stiamo facendo una grigliata”». E lo stato del giardino, «solitamente con l’erba incolta, in quel periodo era stato ripulito». Il difensore, avvocato Federico Cechet, ha chiesto alla teste se avesse mai sentito l’odore di un cadavere bruciato, ricordandole che alla Polizia aveva dichiarato altro, pensando che Garimberti stesse dando alle fiamme un cane. La teste ha risposto: «Preferivo immaginare che fosse un animale». Sono state acquisite le dichiarazioni rese dalla Zorzin all’epoca dei fatti, anche perchè sostanzialmente diverse rispetto a quelle rese in aula. Indizi di un omicidio. Ed un «non ne ho la più pallida idea», la risposta di Francesca ieri a chiederle se tra Garimberti e Ramon ci fossero problemi di stupefacenti.

Era capitato che Ramon avesse fornito del “fumo” (“canna”, ndr) a Garimberti, ha aggiunto la teste, ma «non spacciava droga in casa: non era possibile, del resto, con quei due cani così aggressivi che circolavano liberi in giardino». Già un Doberman e il Pitbull che un giorno Ramon aveva portato a passeggio rimanendo fuori la notte. «Garimberti s’era molto seccato per questo», ha raccontato la Costantino. I rapporti erano cambiati.

Quel 6 aprile 2011 Garimberti aveva detto a Francesca: ho problemi, cerca di assentarti per un paio di giorni, dillo anche a Ramon. Prendi il necessario e vai via. Poi mi chiami e ci mettiamo d’accordo. «Voleva parlare con il padre, contrario che affittasse, voleva dirgli che tutto invece era tranquillo», ha continuato la teste. Aveva raccattato alcune cose. Poi aveva poi chiamato la madre di Ramon, lui era con lei e glielo aveva passato. Era stata l’ultima conversazione telefonica: «L’avevo avvisato di non tornare a casa nostra per un paio di giorni». Francesca aveva cercato di contattare Ramon. «Il suo cellulare non dava segnale, successivamente partiva la segreteria». Due giorni dopo l’allontanamento da via Carducci, Francesca aveva chiesto a Garimberti se poteva rientrare: «Mi aveva detto che non dovevo farmi più vedere, di sparire».—


 

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