Monfalcone, invia 700 sms a una donna: a processo per stalking
MONFALCONE A processo per stalking nei confronti di una giovane donna residente a Marina Julia. Durante l’ultima udienza, mercoledì scorso, davanti al giudice monocratico Marcello Coppari, è stato ascoltato un nuovo testimone, un carabiniere. Il 21 marzo è prevista la discussione e l’eventuale sentenza. Una storia, tra il 2012 e il 2014, trasformatasi in un’ossessione. Avances sempre più esplicite. E non “ricambiate” diventate un tormento psicologico prima ancora che sfociare in evidenti molestie. Nè sono mancate le ripetute richieste di intervento delle forze dell’ordine da parte della donna.
S’erano conosciuti per caso. Erano usciti insieme. Sembrava che funzionasse. Tra i due, lui, L. M., oggi 51enne, lei 37enne, era scaturita una certa frequentazione. Niente di che. Sicuramente circoscritta a un rapporto amicale per la donna, che aveva acconsentito a trascorrere del tempo con quell’uomo. Che invece era animato da tutt’altro “spirito”, nutrendo un’attrazione fisica. S’era invaghito. Fino ad arrivare a esplicite avances. Reiterate, nonostante quelle profferte sessuali fossero state altrettanto esplicitamente respinte. Una relazione in crescendo. Il rifiuto opposto dalla giovane diventato motivo incalzante per andare al rilancio. Tanto da stringerle attorno un clima persecutorio. Molestie che l’hanno ridotta a un grave stato d’ansia, come riconosciuto dal giudice del Tribunale di Gorizia, che nell’ottobre del 2014 aveva proceduto con il rinvio a giudizio del latisanese.
I primi segnali erano stati chiari e piuttosto spicci, volgari. Altro che sentimento in quei messaggi via sms, petulanti e ingiuriosi. Da una semplice amicizia si sono messi in fila otto mesi d’inferno. Con il ripetersi di profferte sessuali via via progressive, alternando questioni di carattere economico accampate dall’uomo nei confronti della donna circa la rivendicazione di un prestito, peraltro piuttosto limitato. Una valanga di sms, così come le telefonate cadenzate a tutte le ore, di giorno e di notte. Di messaggini, nell’ambito della ricostruzione dei fatti da parte degli inquirenti, ne erano stati inviati circa 700. E quasi 300 chiamate telefoniche. A peggiorare la situazione è stata l’escalation dei comportamenti. L’uomo ha iniziato a “piantonare” l’abitazione della giovane. Appostamenti. Insomma, la vita privata della donna tenuta sotto osservazione. Finché ha alzato ancora il tiro, cospargendo di feci l’ingresso dell’alloggio della giovane.
Lui si fermava piuttosto a lungo fuori dalla residenza. Una presenza serrata, spingendosi a bussare ripetutamente la porta di ingresso, sganciando pugni. Le urla a ripeterle di aprire, tra insulti e minacce. Nella cassetta della posta il latisanese vi aveva infilato anche biglietti e lettere offensive e molteste.
Una situazione diventata insostenibile. È proprio dopo l’evento dell’imbrattamento e le escandescenze davanti alla porta di ingresso che la donna s’è risolta a presentare denuncia. Il processo era iniziato nel febbraio 2015. La donna s’è costituita parte civile, difesa dall’avvocato Marzia Pauluzzi. Si sono susseguite sei udienze, al Tribunale di Gorizia. L’ultima, dunque, ha visto testimoniare un carabiniere che era intervenuto all’abitazione della donna, a seguito di una delle richieste di aiuto rinnovate in più occasioni alle forze dell’ordine. Il militare ha spiegato di aver trovato i due mentre stavano litigando, lui aveva il volto segnato da graffi. Il legale difensore dell’uomo è l’avvocato Massimo Bruno.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo