Monfalcone, «In tuta blu perché non c’è lo spogliatoio»

La protesta contro l’esercente critica per i tanti lavoratori in città vestiti come in cantiere si è trasformata in accusa al subappalto
Bonaventura Monfalcone-11.04.2018 Protesta Fiom-Sordoni-Bar Ti Adoro-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-11.04.2018 Protesta Fiom-Sordoni-Bar Ti Adoro-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

La protesta in "terlis" delle tute blu di Monfalcone

MONFALCONE Una volta motivo di orgoglio indiscusso, il “terlis”, la tuta degli operai del cantiere navale, a Monfalcone è diventato ieri motivo di scontro. Tra chi, come la commerciante ed ex delegata esterna del sindaco Antonella Sordoni, ritiene che ce ne siano troppe di sporche in giro alla fine del lavoro, ponendo un problema di tipo igienico-sanitario, e chi, come i rappresentanti sindacali, ne difendono la dignità.


Il faccia a faccia tra le parti è stato diretto. Una ventina di appartenenti alla Fiom Cgil, guidati dal segretario provinciale Livio Menon e tra i quali i delegati della Rsu Fincantieri Gianpaolo Andrian e Moreno Luxich, si è recato in tuta davanti al locale gestito da Sordoni in via Fratelli Rosselli.

Una provocazione pura e semplice? «No, e nemmeno la voglia di buttarla in rissa – spiega il segretario della Cgil isontina Thomas Casotto –, ma l’intenzione di mettere in evidenza come dietro una tuta sporca, e quindi il mancato utilizzo degli spogliatoi, ci sia un problema di quantità e qualità del lavoro». In buona sostanza, come osserva Casotto, «se tutti i lavoratori dell’appalto Fincantieri fossero pagati adeguatamente, anche questo problema sarebbe sicuramente minore, assieme agli altri». Compreso quello della capacità di spesa esistente a Monfalcone, tema che tocca in modo diretto il commercio.


«Teniamo presente che, comunque, anche chi indossa la tuta fa la spesa e di solito la fa in città», sottolinea Menon, venendo affrontato subito dopo da Paride Tersigni, marito di Sordoni e con lei tra gli “attivisti” de La Fenice, il gruppo creato su Facebook circa tre anni fa e ora chiuso. «Io ho posto un problema di tipo igienico sanitario e non di decoro, vista l’esperienza con l’amianto e che non sappiamo quale impatto avranno i nuovi materiali impiegati nella produzione», spiega Sordoni, brandendo il documento per il rilancio del commercio discusso assieme a una quarantina di altri esercenti in un’assemblea, cui sono stati invitati anche il sindaco Anna Cisint e il vicesindaco Giuseppe Nicoli (ma non l’Associazione commercianti, pare).

«Le tute blu le ho avute a casa e quindi come posso sputare nel piatto in cui ho mangiato?», le parole rivolte agli esponenti della Fiom. Nel botta e risposta è emerso il tema dei costi per l’utilizzo degli spogliatoi che sarebbero scaricati almeno da una parte delle ditte sui lavoratori, ma non solo. «Non ci sono spogliatoi a sufficienza in questo momento in cui ci sono tre navi in costruzione», obietta un rappresentante dei lavoratori. «La questione di fondo, quindi, è sempre quella: dare dignità e diritti a questi operai», ribatte il segretario della Fiom isontina, mentre il Rls di Fincantieri Livio Cerchia ricorda come siano stati proprio i rappresentanti sindacali nel cantiere navale a chiedere per primi, anni fa, indagini sui materiali vetrosi impiegati nella coibentazione in sostituzione all’amianto.


Più volte, nel confronto, Sordoni ha invece chiamato in causa l’amministrazione comunale rispetto all’impatto delle scelte di Fincantieri sulla città. Dal canto suo il sindaco Anna Cisint prende le distanze da qualsiasi «criminalizzazione» del “terlis” (e implicitamente da Sordoni). «È il simbolo del valore e della dignità del lavoro, cui sono molto legata, perché lo indossavano mio papà e mio nonno – afferma –. È però anche vero che mia mamma ha le placche perché la tuta di mio papà era sporca di amianto. Noi facciamo quindi una battaglia perché non accada più quanto è avvenuto, perché i lavoratori, le loro famiglie, la comunità non debbano pagare in salute. È un tema, quindi, anche questo che ho già affrontato con l’amministrazione delegato di Fincantieri Giuseppe Bono». Insomma, per il sindaco «non sono certo le tute degli operai a ridurre l’attrattività di un luogo». «Vorremmo, però, fossero più monfalconesi a indossarle e che queste tute avessero il logo di Fincantieri», chiosa. La questione delle “tute sporche” è poi da qualche tempo al centro dell’attenzione anche del Comitato rione centro per il suo possibile impatto sanitario.
 

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