Monfalcone, il tunnel antiaereo segreto pronto ad allargare la città

La galleria-rifugio venne costruita per proteggere i cittadini dalle bombe alleate. Ha un’estensione di 262 metri abitabili che potrebbero ospitare eventi e attività
Bonaventura Monfalcone-31.05.2017 Galleria rifugio antiaereo-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-31.05.2017 Galleria rifugio antiaereo-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

Monfalcone, alla scoperta della galleria-rifugio che potrebbe ospitare eventi

La galleria rifugio antiaereo di Monfalcone si stende, enorme e buia, tra piazza della Repubblica e le pendici del Carso, ai piedi della Rocca. A oltre 70 anni dalla sua realizzazione, impressiona per l’opera di ingegneria che è in sé, con i suoi 262 metri di lunghezza e i 5 di altezza per 6 di larghezza scavati nella pietra viva.

Bonaventura Monfalcone-31.05.2017 Galleria rifugio antiaereo-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-31.05.2017 Galleria rifugio antiaereo-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

Dimensioni che negli anni hanno fatto ipotizzare gli utilizzi di strada di collegamento con il Carso, dove la città avrebbe dovuto svilupparsi, o di parcheggio. Ora, in modo molto più fattibile, anche, se non soprattutto, dal punto di vista finanziario, per la galleria si profila una valorizzazione come bene storico e culturale. È l’obiettivo al quale la neonata Associazione galleria rifugio antiaereo di Monfalcone sta lavorando assieme all’amministrazione comunale. Il tunnel è del resto una realizzazione unica, perché rimasta pressoché intatta e per ciò che ha vissuto (e restituito).


La volta del tratto più a monte, dietro il “gomito” che la contrassegna alla sua metà, è squarciata e annerita. A terra i blocchi di cemento, il fondo sconvolto dall’esplosione che tra il 25 e il 26 agosto del 1945 uccise all’interno 10 “recuperanti”, di metallo delle munizioni che vi erano accatastate, e altre 5 persone all’esterno, per lo spostamento d’aria.

«I detriti volarono fino all’attuale Unicredit, dall’altra parte della piazza e, se lo spazio fosse stato ancora occupato da una festa che pare fosse in corso la sera del 25, sarebbe stata una strage», racconta Pietro Commisso. Dal 2015 assieme ad altri monfalconesi sta indagando la storia della galleria e delle vite che l’hanno attraversata per ricostruire un pezzo di storia che pare essere stato accantonato. Forse perché un capitolo di quella controversa del confine orientale a cavallo tra la seconda guerra mondiale e il lungo dopoguerra che seguì.



La storia. La galleria era usata come rifugio per le persone, ma anche come deposito di armamenti dall’esercito tedesco e, poi, pare da quello alleato. Nell’economia devastata del 1945 il metallo faceva gola, come testimonia la vicenda dell’avvocato Alealdo Ginaldi e di suo fratello. «In realtà lo scoppio che li coinvolse non avvenne qui, ma nel magazzino di famiglia, a inizio settembre del 1945, una data che abbiamo scelto per chiudere, per ora, la storia della galleria», aggiunge Commisso. Lo scoppio dell’estate del ’45 non fu l’unico episodio tragico di cui il tunnel fu protagonista.

La galleria, come racconta la ricerca storica di Maurizio Radacich e di Pietro Commisso, che a breve daranno alle stampe un volume che la raccoglie, fu utilizzato per la prima volta il 19 marzo del 1944, data del primo dei 7 bombardamenti che causarono in totale 130 vittime («Abbiamo ricostruito circa 90 nomi – continua Commisso – che saranno citati all’interno del libro»). Quello del 19 marzo non fece morti, ma quello del 12 aprile invece colpi l’albergo operai e le vittime furono una settantina. Da allora in poi la paura la fece da padrona e gli allarmi antiaerei scatenarono il panico. Come avvenne il 1 maggio del 1944. I bombardieri inglesi furono avvistati agli Alberoni e gli allarmi iniziarono a suonare. Gli abitanti del centro si accalcarono all’imboccatura del tunnel e iniziarono a spingere: nella calca morirono 5 monfalconesi tra i quali un bambino, Arrigo Paolin di 5 anni.

Nel ricovero potevano entrare del resto 4mila persone, circa un quarto della popolazione di Monfalcone dell’epoca, in pratica tutta quella che gravitava nel rione centro, visto che Panzano, con il Crda, aveva i suoi rifugi, così come li avevano il personale della Solvay e anche gli abitanti di via Romana che potevano usufruire dei ripari naturali già utilizzati nel corso della Prima guerra mondiale, in particolare la Grotta Vergine e la Grotta dei Pipistrelli.

Bonaventura Monfalcone-31.05.2017 Galleria rifugio antiaereo-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-31.05.2017 Galleria rifugio antiaereo-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

Quest’ultima è stata immortalata, diventando una gigantografia posta all’ingresso del padiglione dedicato alle vittime civili del museo creato dall’Università di Lincoln, sede dell’International bomber command centre, che studia la dimensione umana delle persone coinvolte nelle campagne di bombardamento e con cui Commisso e ora l’associazione stanno collaborando. La galleria di Monfalcone è diventata la rappresentazione di tutte le protezioni antiaeree del mondo. Compreso a livello internazionale, il valore del tunnel rifugio sotto salita Granatieri attende di essere riconosciuto a livello locale.
 

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