Monfalcone, dallo sport l’appello per poter curare i bambini affetti da Sma

MONFALCONE. Da oltre tre anni convive con una malattia più grande di lui, una di quelle che non lascia spazio alla speranza. La Sma 1, atrofia muscolare spinale. Patologia rara, neurodegenerativa.
Che costringe chi ne è affetto al progressivo indebolimento dei muscoli. Mina la respirazione autonoma, la deglutizione, l’utilizzo degli arti inferiori. Ma ora, assieme a questo bambino monfalconese e ai suoi genitori, lotta per la vita anche un campione di basket, Stefano Tonut, 27enne cestista della Reyer Venezia: lunedì primo marzo in municipio ha abbracciato il piccolo e pure, «mettendoci la faccia», la campagna per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di aggiornare i requisiti di accesso a un farmaco che potrebbe cambiare il finale di questa storia.
I genitori del bimbo, Antonio e Stella, operaio e mamma a tempo pieno per chiari motivi, conducono un’angosciosa lotta contro il tempo: vorrebbero che al figlio venisse somministrata una terapia genica, in Italia disponibile gratuitamente solo per un ristretto numero di casi.
Piccoli con Sma di tipo 1 che non abbiano però superato i 6 mesi di vita (il protocollo si applica da novembre 2020, per questo il piccolo monfalconese è arrivato “tardi”).
«Mentre in altri cinque paesi europei – hanno spiegato Antonio e Stella – cioè Germania, Francia, Grecia, Portogallo e Belgio, come negli Stati Uniti, tale cura viene messa a disposizione anche in età superiori purché entro limiti di peso variabili, in taluni casi fino a un massimo di 21 chilogrammi». Il bimbo, afflitto da atrofia muscolare spinale, ne ha raggiunti 14.
Tonut, già maglia azzurra, intende coinvolgere la sua società sportiva nella locale battaglia e condividere sui suoi profili social il video girato assieme ai genitori del bimbo: «Da atleta professionista, ma soprattutto come persona, cerco di essere, con la mia faccia e i mezzi che posso avere, promotore di questa campagna. La sento moltissimo una mia battaglia. Perché da atleta so quanto il tempo sia fondamentale e, qui, è vita. I bambini del nostro Paese devono avere gli stessi diritti di quelli di altre nazioni».
Arrivato con la fidanzata Bianca e la cagnetta Roma, il cestista Tonut ha salutato e giocato con il bimbo, che si muove attraverso una carrozzina su misura. «Non mangia autonomamente, si alimenta tramite peg, non parla», ha raccontato al campione papà Antonio. Però il piccolo ha occhi vivacissimi e si illumina quando vede un cagnolino, infatti non appena vista Roma ha fatto scivolare le dita sulle ruote e le si è avvicinato in un lampo.
«Con le cure nostro figlio diventerebbe quasi sano», sempre Antonio. «E con lui altri 24 bambini in Italia sotto i 3 anni di vita», ha aggiunto Stella. Le famiglie di bimbi con Sma 1 si tengono saldamente in contatto. Le attenzioni riversate sui piccoli pazienti sono numerose, come i professionisti che di loro si prendono cura.
Al bimbo monfalconese, seguito da tre medici del Burlo, l’atrofia muscolare spinale è stata diagnosticata a 3 mesi. «Fino ad allora era un bambino come gli altri», ancora il papà. Poi Stella, allattandolo, si è accorta che il neonato non riusciva più a suggere, come se l’azione, un atto primordiale, insito, prima forma di attaccamento alla madre, lo sfinisse.
Ogni via è stata battuta in questi mesi da Antonio e sua moglie.
Senza escludere quella politica: si sono rivolti al sindaco della loro città, Anna Cisint. E il sindaco, al vertice romano della scorsa settimana, ne ha discusso con il ministro per la Disabilità del governo Draghi, Erika Stefani. In prima persona, da alcune settimane, dopo aver ricevuto in municipio i due genitori, segue l’evolversi della vicenda e lancia un appello ad Aifa, Agenzia italiana del farmaco, «affinché anche alla luce di recenti studi riveda i parametri di somministrazione della terapia, aiutando una più ampia platea».
Cisint l’ha definita «una battaglia di umanità». «Per avere una vita sana – ha scandito ieri – i bimbi devono essere trattati con la terapia genica, che però in Italia, per legge, è disponibile solo a chi ha meno di sei mesi, al contrario di quanto avviene in altre parti d’Europa, dove per accedervi non bisogna superare i 21 chili. Recenti sperimentazioni hanno dimostrato però che ci sono i presupposti per estendere il criterio di applicazione sulla base del peso, perlomeno fino ai 13,5 chili. Nessuna famiglia, da sola, è in grado di sostenere i costi esorbitanti dei farmaci».
«Noi vogliamo che i bambini italiani – ha aggiunto – non siano discriminati rispetto a quelli di altri Paesi: come Comune intendiamo farci promotori della modifica dell’attuale legge, che va adeguata». «Ma c’è un altro aspetto da considerare oltre all’accesso e all’autorizzazione Aifa – infine Cisint – e cioè quello dei tempi di somministrazione, che vanno ristretti al massimo per salvare la vita di questi bambini, nell’inesorabile avanzare dei mesi».
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