Monfalcone, chiesti più di 80 anni per i dieci imputati
Ottant’anni e otto mesi di reclusione spalmati sui dieci imputati superstiti.
Chieste le condanne. Il terzo maxi processo per le morti a causa dell’amianto di ex lavoratori del cantiere di Monfalcone è giunto alle fasi finali. Dopo una requisitoria che ha superato le trenta ore (su quattro udienze) il pool amianto della Procura di Gorizia - composto da Valentina Bossi, Laura Collini e Andrea Maltomini - ha chiesto al giudice Paolo Alessio Vernì le seguenti condanne per i reati di omicidio e lesioni colposi.
Dieci anni e sei mesi per Corrado Antonini, già direttore dello stabilimento dell’Italcantieri di Panzano, a cui sono imputati i decessi di 50 lavoratori; analoghe richieste per Antonio Zappi, già direttore amministrativo, Giorgio Tupini, già direttore di stabilimento, Enrico Bocchini, già direttore e Mario Abbona, responsabile della sicurezza, ai quali sono attribuiti, rispettivamente, i decessi di 50, 58, 56 e 58 lavoratori. Nove anni di reclusione ciascuno per Cesare Casini e Roberto Schivi, alti dirigenti, per la morte di 49 lavoratori; sette anni e sei mesi per Italo Massenti, già dirigente, per la morte di 48 lavoratori. Infine, per il decesso del lavoratore Mario Rossi, dipendente di una ditta privata operante all’interno del cantiere sono stati richiesti un anno e quattro mesi di reclusione per i titolari Ronald Roxby e Roy Winnston Rhode.
Ora toccherà alle parti civili avanzare le rispettive istanze e poi la parola sarà date alle difese. L’obiettivo del giudice è di chiudere entro agosto. Ma non sarà una passeggiata.
Dal processo sono usciti per morte dell’imputato Manlio Lippi, Glauco Noulian e Livio Alfredo Minozzi.
La Procura ha chiesto l’assoluzione degli imputati per i decessi dei lavoratori Luciano Buratto, Sergio Corbatto, Ubaldo Romanin e Giovanni Mosciatti.
L'accusa. Ha svolto un lavoro monumentale, sia in fase di istruttoria che in dibattimento. Dibattimento che il giudice Alessio Vernì sta governando con molta lucidità e capacità di approfondimento. Infatti, negli altri due precedenti processi, non risulta sia sta ricostruita in aula con tanta precisione, grazie all’ausilio di esperti e consulenti, la storia del cantiere di Monfalcone, l’evoluzione dei sistemi produttivi e, se abbiamo ben compreso, sia stato effettuato un sopralluogo all’interno dello stabilimento. Il compito dell’accusa è stato quello di individuare una conseguenza diretta tra l’esposizione all’amianto del lavoratore e la causa del suo decesso.
Le Parti lese. Circa un terzo della sessantina dei casi analizzati (parti lese) ha riguardato decessi causati da mesotelioma, patologia unicamente correlata all’amianto. Per gli altri casi, carcinoma polmonare, asbestosi e altro si sono dati battaglia i consulenti di parte.
Secondo la Procura, quelli della difesa non hanno mai portato elementi oggettivi e scientifici per confutare le diagnosi di morte stilate dall’anatomia patologia dell’ospedale di Monfalcone dove sono state effettuate la gran parte delle autopsie.
Si è molto discusso sul discrimine della quantità letale di fibre di amianto presenti nell’organismo.
Il contenzioso: è stato molto tecnico. Sostanzialmente la difesa ritiene non del tutto attendibili le risultanze degli anatomi patologi di Monfalcone. Processo comprensibilmente molto complesso, che riserverà delle sorprese in fase di arringa delle difese “capitanate” dall’avvocato Corrado Pagano, legale di Fincantieri in quanto responsabile civile e di quasi tutti gli imputati.
I quali, nel frattempo, hanno superato o stanno raggiungendo la novantina d’anni. Di qui il dibattito a latere del processo se sia giusto perseguire penalmente gli imputati di una certa età. I quali, praticamente gli stessi, sono già stati condannati nel primo e nel secondo processo: per il primo sentenza confermata in Appello.
La quantificazione delle pene richieste dalla Procura è stata calibrata in base al livello di responsabilità che gli imputati rivestivano in Italcantieri all’epoca di fatti. Periodo molto ampio se si considera che diversi deceduti hanno cominciato a lavorare per la società Cantieri riuniti dell’Adriatico, poi trasformata in Italcantieri agli inizi degli anni Settanta e infine, dal 1988, in Fincantieri.
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