Monfalcone, amianto killer: chiesti 80 anni di carcere
GORIZIA. Pene complessive per 80 anni e otto mesi di reclusione per i 16 imputati di omicidio colposo plurimo. Gli imputati sono quasi tutti ex dirigenti di primo piano dell’Italcantieri, oggi Fincantieri, dunque dello Stato.
È la richiesta avanzata ieri al Tribunale di Gorizia (giudice Nicola Russo) dai pm Valentina Bossi e Laura Collini nella trentesima udienza del processo amianto-bis per la morte di 44 ex operai del cantiere di Monfalcone a causa dell’esposizione all’amianto.
Molto accurato il lavoro della Procura della Repubblica di Gorizia che per ciascuna parte lesa ha ricostruito la scheda personale della vittima in cui, tra l’altro, viene evidenziato senza ombra di dubbio il nesso di causalità tra l’esposizione all’amianto, avvenuta solo all’Italcantieri di Monfalcone, e il decesso. Per tre casi infatti, non potendo dimostrare il nesso o per avvenuta prescrizione, le stesse pm hanno chiesto l’assoluzione. Il quadro accusatorio proietta una verità processuale sconcertante, che ricalca quanto emerso nel primo processo per amianto concluso, nell’ottobre del 2013, con la condanna dei dirigenti, la gran parte dei quali oggi figura tra gli imputati dell’amianto-bis. Si tratta di ex direttori del cantiere di Monfalcone ed ex componenti del cda dell’Italcantieri che, a loro modo, hanno scritto la storia dello stabilimento di Panzano. Alcuni di loro, a onor del vero, sono ricordati con rispetto dalle maestranze sopravvissute, quegli operai che hanno dato tutto per il cantiere e sappiamo come sono stati ripagati. Il lavoro prima di tutto, anche a costo di chiudere un occhio e mezzo sulla tutela della salute dei lavoratori. Storie che si ripetono come dimostra la cronaca di questi giorni. La richiesta di condanna più severa colpisce Mario Abbona, super responsabile della sicurezza in Italcantieri, indicato nei curricula quale esperto di fama internazionale. Eppure, secondo la Procura non ha mosso un dito per impedire ai cantierini di respirare amianto. Gli è stata attribuita la responsabilità di 44 decessi, tanti quanti sono le parti offese di questo processo al netto di prescrizioni e uscite dal procedimento per altre cause. Le altre richieste. Nove anni a Giorgio Tupini, responsabile di 35 morti, già ministro e presidente Italcantieri; 9 anni e sei mesi a Manlio Lippi, 39 morti, già direttore dello stabilimento di Panzano; 9 anni a Antonio Zappi, 33 morti, già direttore amministrativo; 8 anni e 6 mesi a Corrado Antonini, 29 morti, già direttore generale di Italcantieri e di Fincantieri; 9 anni a Enrico Bocchini, 36 morti, già presidente Italcantieri e dirigente Fincantieri; 6 anni a Cesare Casini, 30 morti, già direttore servizi tecnici; 6 anni a Roberto Schivi, 30 morti, già responsabile formazione e informazione della sicurezza; 3 anni a Livio Alfredo Minozzi, 18 morti, già direttore personale dal ’78 al ’90. Le pm hanno ritenuto più sfumate le posizioni di dirigenti che lavoravano in una sede, a Trieste, lontana dal cantiere e di alcuni titolari di ditte private. Per loro l’attenuante annulla l’aggravante: 2 anni e 4 mesi a Glauco Noulian, 31 morti, capo allestimento Italcantieri; 3 anni a Italo Massenti, 20 morti, direttore acquisti; un anno e 4 mesi per Rold e Winston Rold, 1 morto; Attilio Dall’Osso, 1 morto; Carlo Viganò, 1 morto. Il perno della tesi accusatoria, riguardo gli imputati cui sono destinate le richieste più severe, è che dirigenti di così alto livello e preparazione non potevano non sapere della pericolosità dell’amianto; e che una volta esternalizzate determinate mansioni che prevedevano l’utilizzo dell’amianto, non hanno messo in condizioni le ditte private di effettuare la giusta prevenzione. Nel corso delle udienze i periti di parte si sono confrontati su temi ormai noti e acquisiti nel primo processo a cominciare che della pericolosità dell’amianto era nota in Italia dai primi anni Sessanta, con ritardo di decenni riguardo alle conoscenze già assunte all’estero.
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