Monassi ultimo atto: 30mila euro per uno studio sui volatili in Porto
Se non proprio l’ultimo, è stato certamente uno degli ultimi atti della gestione Monassi al vertice dell’Autorità portuale di Trieste. Il riferimento è all’affidamento del progetto di monitoraggio dell’ornitofauna e dei chirotteri nell’area del porto triestino (nella sua interezza, includendo tutto ciò che sta fra Barcola e Muggia) al Dipartimento di Scienze della vita dell’Università di Trieste e allo studio Immagine Natura, specializzato in questa tipologia di approfondimenti e rilevazioni. L’incarico, assegnato formalmente la scorsa settimana, ha una durata di 14 mesi e si concluderà quindi nell’aprile del 2016. La spesa preventivata dall’Authority è di 30mila euro, importo complessivo con cui viene finanziato il progetto. «Si tratta del primo lavoro del genere a livello nazionale in aree portuali. È un’idea pilota», specifica Enrico Benussi, ornitologo dello studio Immagine Natura, ideatore del monitoraggio, che coordina e cura assieme all’ecologo Alfredo Altobelli, docente universitario del corso di laurea magistrale in Biologia ambientale all’ateneo giuliano.
Nuovamente volatili nei piani dell’Authority (che nel frattempo ha cambiato vertice), insomma, con un’azione che stavolta parte davvero, al contrario del “progetto colibrì” datato 2011 (prima l’idea di un’Apt responsabile gestional-amministrativo di un ipotetico futuro nuovo Centro a Miramare e poi quella di ospitarne una parte in Porto vecchio) e mai portato a compimento.
La finalità del monitoraggio affidato è di riuscire a “fotografare” - chilometro per chilometro con la suddivisione del territorio preso in esame in griglie da elaborare poi al computer - la presenza di specie di uccelli e di pipistrelli (individuandone tipologia e numero di esemplari) nei diversi punti di Porto nuovo, Porto vecchio e aree circostanti, utilizzate o dismesse che siano. Così da poter tutelare questa fauna nascosta ai più, salvaguardandola, e contestualmente fornire «eventuali indicazioni - riprende Benussi - di tipo gestionale a chi opera e lavora in zona o a chi vi realizzerà nuove iniziative. Spiegando ad esempio come e dove sistemare le cosiddette casette-nido per favorire la riproduzione delle specie. Il tutto senza alcuna interferenza architettonica né con le attività economiche in essere, favorendo nel contempo gli insediamenti di uccelli e pipistrelli in zone apparentemente inospitali».
Del progetto «si parlava da un annetto - osserva dal canto suo il professor Altobelli -. Da Benussi è giunta la segnalazione della presenza di specie di valore naturalistico in un’area molto urbanizzata e antropizzata. Da lì, è partito il discorso. Con questo lavoro non vogliamo porre vincoli», ma suggerire di «fare attenzione, ad esempio se una determinata specie va a nidificare sotto un certo pontile. Dal punto di vista ecologico - conclude il docente universitario - studieremo l’habitat per capire quali siano i punti più interessanti»
. In spazi nell’ombra del porto triestino si è verificato qualcosa che, aggiunge Altobelli, «è un po’ quello che succede con le carcasse di navi abbandonate in mare, che creano un ambiente in cui certe specie si trovano poi a loro agio».
Grazie a Immagine Natura, intanto, si scopre che negli anfratti dello scalo vagano i componenti di «una colonia di rondoni pallidi - riparte Benussi -, che qui hanno la distribuzione più settentrionale dell’area adriatica, oltre che l’unica presenza in regione. E ci sono inoltre i passeri, in forte diminuzione in Europa, e ancora abbiamo l’Occhiocotto e la Sterpazzolina, due passeriformi tipici del Mediterraneo e che si trovano nella zona ex Aquila. Uccelli e chirotteri sono degli importanti bioindicatori». Tra un anno e due mesi o poco più, gli esiti del lavoro. «E non è escluso - rilancia subito Enrico Benussi - che non si possa fare la stessa cosa per l’area sottomarina».
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