Monassi: «Non freno io su Porto vecchio Sono fermi i concessionari»

La presidente dell'Autorità portuale: «Sono stravolti dalla crisi, nel 2013 Il contratto si può anche ridiscutere. Sui punti franchi a Trieste c'è un’isteria collettiva»
Silvano Trieste 26/07/2012 Marina Monassi, Presidente Autorita' Portuale di Trieste
Silvano Trieste 26/07/2012 Marina Monassi, Presidente Autorita' Portuale di Trieste

Contestare il Punto franco in Porto vecchio «è una isteria collettiva». Il problema è che «i concessionari sono stravolti per la crisi». C’è il rischio che nel 2013 si avvalgano dell’opzione contrattuale e abbandonino l’impresa. Ma anche che l’Autorità portuale li chiami a ridiscuterla per inadempienza. Marina Monassi, accusata di “frenare” lo sviluppo urbano dei 64 ettari di vecchio scalo, risponde, contrattacca e rivela.

Presidente Monassi, le si chiede di pronunciarsi: proporrà o no lo spostamento del Punto franco dal Porto vecchio?

Se non sono chiari i progetti, non si sa che cosa chiedere. E i due concessionari principali, Greensisam e Portocittà, non hanno ancora deciso che cosa fare. Spostarlo non è affatto un problema, lo abbiamo fatto 6 mesi fa su richiesta di Pacorini e Illycaffé per le loro attività, senza tanto discutere.

Ma c’è un piano di urbanizzazione dell’area, le si contesta di patrocinare al contrario i Punti franchi. Due visioni non coincidenti?

C’è una forma isterica da Punto franco vecchio. Si usano le parole come un drappo rosso davanti al toro. Sono i concessionari che non sanno ancora che cosa fare. Ma li ho messi alle strette, adesso sono di là nell’altra stanza, insieme, che discutono di infrastrutture, viabilità, bonifiche. Punto franco: io non butto via niente, in questa crisi devastante. Anche gli armatori sono stravolti. Se c’è qualcosa che aiuta le imprese, io non lascio nulla di intentato.

Ma se il Punto franco c’è, perché l’Autorità portuale preme ancora su questo punto?

Mancano, da quando è stata fatta la legge sui porti, il regolamenti attuativi, nonostante due tentativi del ministri Burlando e Visco, finiti in niente perché in Italia noi buttiamo via le nostre pepite. Senza i regolamenti non si possono anche manipolare e semilavorare i prodotti. Per il Porto nuovo i concessionari me lo stanno chiedendo, e purtroppo temo che qualche Autorità portuale stia facendo qualche azione contro i benefici di cui gode Trieste, per la concorrenza. Ma in questo piccolo confine, se non ci guardiamo da soli...

In definitiva lei non appoggia le spinte a sdemanializzare Porto vecchio?

Insistere su questo è solo isteria. Nel “workshop” coi concessionari io ho detto un’altra cosa: non correte a destra e a sinistra, avete firmato dei contratti. La concessione è come un affitto. Avete dei diritti, ma anche dei doveri, e delle scadenze. Dovete attuare un progetto. Greensisam ne ha cambiati tanti, ma ora ha anche i permessi della Soprintendenza, e a ottobre parte col parcheggio multipiano al servizio di Trieste terminal passeggeri. Portocittà: a De Eccher e Maltauro, vecchi amici, non dispiace il Punto franco, se lo avessero le “marina”, e arrivasse qualche megayacht strafico, il piano finanziario-industriale andrebbe a regime con più facilità. Quell’area è grande come una città del Vaticano, e io ho sempre detto che deve avere anche residenzialità per essere un posto vivo.

Dunque concessionari davvero in panne?

Gliel’ho detto: vi aiuto in tutto. Ma dovete dirmi che cosa intendete fare. Hanno preso la concessione quando l’edilizia era ancora nel “boom”, speravano di costruire e rivendere col guadagno del 100%, avevano al loro fianco una grande banca. Ora l’edilizia ha avuto una botta micidiale.

E lei rilancia i Punti franchi, che però finora non hanno attratto, si dice, nessuno.

Perché la città stava bene. Si lavorava lo stesso. Adesso è stravolto anche Greensisam, che pure è armatore. La sede di Italia marittima credo proprio non la facciano più, in Porto vecchio.

Allora è sui concessionari che va puntato il faro?

Non si può certo dire a me che freno e rallento, mi sono anche rotta. Io sono l’unica a firmare decisioni: il Magazzino 26, tutti dicono che bello, ma l’ho appaltato io e mi sono beccata 3 anni di causa anche per quello. Ho firmato il restauro della Diga vecchia, al di là dei casini che hanno fatto i gestori allo Stato rimarrà un gioiello. E la Centrale idrodinamica, un anno e mezzo di lavori e pagamenti a 30 giorni. Ho firmato strada e bretella per la Biennale.

La mistificazione su “quella che frena” è proprio brutta. Ho firmato allora Porto San Rocco, le prime privatizzazioni di Molo V e Molo VII. Ma qui dentro ci vuole coraggio a firmare. E ci vuole una donna per aver coraggio.

Lei dice?

Sì, mi sto proprio rompendo le scatole. Mi ci sto ammazzando qua dentro, non faremo neanche le ferie ad agosto, ai dipendenti dico “ma come fate a reggermi”. Però quando firma un maschio non succede niente, non gli fanno causa, a una donna sì. Io invece piglio e firmo, poi mi indagano. Non cerco il consenso di tutti, del resto è impossibile ottenerlo.

Che ne dice della proposta di interpellare il governo per la ricerca di investitori esteri?

La ricerca di fondi la fanno i privati. I fondi arrivano se i privati hanno un progetto per cui l’investitore dice “che figata”. Per questo dico io dico a loro: sbrigatevi.

È vero che nel 2013 potrebbero rinunciare alla concessione e abbandonare il campo?

Eh, sì. Ma molto prima anch’io potrei far valere delle clausole, la concessione può essere dichiarata decaduta, o si può ricontrattare. Anche se andasse via uno solo dei concessionari sarebbe un enorme danno, ci vorrebbero 4 anni di gara per trovarne un altro. E io non voglio che se ne vadano. Mi fido soprattutto di Claudio De Eccher. Ci capiamo meglio, perché anche a lui piacciono i cani... Perciò: ci aiutassero tutti, e subito. Io, come Stato, devo aiutarli perché corro il rischio di perderli, e questo non dovrà mai avvenire. Ma a furia di sputtanarci, le zone franche le farà la Merkel, quella furbona.

Lei torna sempre lì. Ma come si può pensare un Porto vecchio chiuso da zone doganali?

Ma non sarà chiuso. I “duty free” stanno forse in aree chiuse? Parliamoci chiaro: queste soluzioni sono scritte nel Piano regolatore di Porto vecchio firmato nel 2004 da Ondina Barduzzi. Zone franche per servizi, “flessibili, adattabili alle esigenze della città e delle imprese”.

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