«Molti anziani saranno costretti a vendere»

Il catasto è presente in Italia fin dal XV secolo, quando Firenze introdusse l’obbligo di presentazione di una dichiarazione contenente proprietà immobiliari, debiti, crediti e componenti del nucleo familiare. Nell’Italia pre-unitaria si contavano 9 ambiti catastali ciascuno comprendente una serie di distinti catasti, con diverse metodologie di rilievo, di misura e di stima.
Nel 1798 venne redatto “Il Catasto di Maria Teresa”: una cartografia organizzata su fogli 1:2000 e realizzata a seguito di un rigoroso lavoro di rilevamento sul terreno,
Da Napoleone in poi il sistema catastale ha subito infinite modifiche, mutando nei decenni anche in base a quelli che per allora erano ritenuti i corretti parametri di valutazione di un immobile.
«Anni fa era il numero delle stanze a determinare il valore di un immobile, – spiega Attilio Lombardo, responsabile locale di Sinteg Agency, il network che riunisce le agenzie che si occupano di servizi di amministrazione immobiliare e di servizi integrati a livello nazionale – la capacità di reddito era determinata dal numero di vani a disposizione». In pratica un più ampio numero più stanze equivaleva a più persone da poter sistemare, più figli da poter avere, più camere da poter affittare.
«Ma oggi le cose sono decisamente cambiate – valuta Lombardo - e una riforma che tenga conto dei metri quadrati e noi dei vani non potrà che portare ad una valutazione più corretta e più equa specialmente dal punto di vista fiscale».
A Trieste è facile trovare anziani soli in una casa di oltre 180: «Nella nostra città è frequente – ammette l’amministratore - e magari con la pensione minima e rintanati in camera e cucina per non spendere in riscaldamento. Ecco – avverte – queste persone si troveranno a fare i conti con una tassazione più importante e questo potrebbe spingerli a scelte abitative diverse». (l.t.)
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