Mogherini: «Il dialogo batte le tensioni. Nuova spinta ai Balcani dal summit di Trieste»
TRIESTE. «Nonostante le tensioni e le battute d’arresto il percorso dei Balcani verso l’Ue non si è mai fermato. A Trieste lo proseguiremo». Lo assicura Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, a poche ore dall’inizio del summit.
Il ministro Alfano, solo un mese fa, ha parlato di «segnali di deterioramento nei rapporti fra Paesi» nei Balcani occidentali, sottolineando un «rinvigorirsi di retorica nazionalista e euroscetticismo». Quali sono a suo giudizio, in questo momento, le premesse del Vertice di Trieste?
Proprio oggi ricorre l’anniversario del massacro di Srebrenica, una delle pagine più buie della nostra storia recente. Sono passati ventidue anni, troppo pochi forse per smaltire tutti i veleni, ma i progressi cui abbiamo assistito in questo tempo nei Balcani sarebbero stati inimmaginabili allora. Serbia e Kosovo hanno appena accettato di aprire una nuova fase del dialogo per normalizzare le loro relazioni. La Bosnia ha presentato domanda di adesione all’Ue. In tutte e sei le capitali sono state approvate riforme importanti, dall’economia alla giustizia, con un impatto concreto per la gente dei Balcani. La stragrande maggioranza dei cittadini di quella regione continua a voler entrare a far parte della nostra Unione, nei tempi più rapidi possibili. Nonostante le battute d’arresto e le tensioni – nella regione e all’interno di alcuni paesi – il percorso dei Balcani verso l’Ue non si è fermato. Al vertice di Trieste proseguiremo in questa direzione. Si discuterà di crescita, sicurezza e cooperazione economica: temi concreti, che stanno ugualmente a cuore ai cittadini dei Balcani e a quelli dell’Ue.
Dalle tensioni fra Serbia e Kosovo alla situazione in Bosnia, quale è il versante che Lei ritiene maggiormente critico oggi per quanto riguarda la situazione nei Balcani occidentali?
La cosa che conta è che finora siamo sempre riusciti a superare i momenti critici, anche quando gli ostacoli sembravano insormontabili. Mesi fa la tensione tra Belgrado e Pristina era tornata a salire: oggi il dialogo è ripreso, anche grazie a gesti concreti come la riapertura del ponte di Mitrovica. Quando ho iniziato il mio lavoro a Bruxelles, i negoziati tra l’Ue e la Bosnia sembravano arrivati a un punto morto. Ma anche in quel caso abbiamo superato lo stallo. C'è voluto tanto lavoro, e anche un po' di testardaggine. Soprattutto però sono i cittadini di quei paesi, specialmente i più giovani, a chiedere di continuare ad andare avanti. Chiedono opportunità, vogliono le stesse possibilità dei loro coetanei che vivono nell’Ue. Vogliono lasciarsi alle spalle un passato che non appartiene loro. Possono essere il motore di un cambiamento positivo, il loro impegno può fare la differenza.
Dopo la Brexit non solo nei Paesi balcanici ma anche nell’Est europeo ci sono segnali di euroscetticismo. Come ridare nuovo slancio alla piena integrazione?
Un anno fa, dopo il referendum in Gran Bretagna, molti pensavano che fosse arrivata la fine dell’Unione. E invece quest’anno, per la prima volta in almeno un decennio, l’integrazione europea è tornata a fare dei passi avanti. A partire dalla sicurezza e dalla difesa comune: abbiamo inaugurato il primo centro di comando per le missioni militari europee ed entro la fine dell’anno metteremo le basi per una cooperazione rafforzata tra i paesi che vorranno unire le forze in materia di difesa. Sono risultati che abbiamo raggiunto tutti insieme, a Ventotto, nessuno escluso. Neppure la Gran Bretagna. Quando lavoriamo su questioni concrete e per il nostro comune interesse, siamo molto più uniti di quanto generalmente si pensi.
Abbiamo citato la Brexit e l’Est europeo. Ma poche settimane fa la Francia ha votato per un presidente considerato europeista. In che misura i cittadini europei stanno considerando - o riconsiderando - il ruolo dell’Europa e di ciò che sin qui in questo senso è stato costruito?
Penso che ai cittadini europei si stiano rendendo conto che, su tutte le questioni più importanti della nostra epoca, siamo forti solo se siamo uniti. Sulla sicurezza, è fondamentale lavorare insieme e condividere informazioni a livello europeo. Sull'economia, solo una potenza come l'Unione Europea può proteggere gli interessi dei nostri lavoratori e delle nostre imprese nel mondo globalizzato. Per salvare vite umane nel Mediterraneo, per creare sviluppo e sicurezza in Africa, c’è bisogno di lavorare tutti insieme. Nessuno stato europeo, da solo, ha le risposte che servono ai nostri cittadini. Penso che la maggioranza degli europei se ne renda conto: ci chiedono di far funzionare la nostra Unione, a prescindere dalle divisioni tra europeisti ed euroscettici.
Tornando ai Balcani occidentali, lei di recente ha detto di preferire parlare di “riunificazione” dell’Europa piuttosto che di “allargamento”. Quale è il peso strategico dell’area balcanica nel futuro dell’Europa?
Non mi piace quando si parla di un percorso dei Balcani verso l’Europa. I Balcani sono il cuore dell’Europa, per noi italiani non potrebbe essere più evidente. Nessun confine politico può cambiare questa realtà, una realtà basata sulla geografia, sulla storia, sull'economia, sulla cultura. Le nostre imprese commerciano ogni giorno coi Balcani, le nostre università scambiano studenti e professori. La parola “allargamento” mi ha sempre fatto pensare a una conquista, un’espansione. E invece siamo una famiglia che è stata separata e che adesso sta provando a tornare insieme, in modo nuovo.
L’ex premier serbo Vucic e poi lo stesso Commissario Hahn hanno lanciato l’idea di una sorta di “mercato comune” dei Balcani occidentali. Una integrazione economica che possa fare da apripista per quella politica?
Sessant’anni fa, il cammino dell’Europa unita è iniziato proprio da questa intuizione: se avessimo unito le nostre economie, la guerra in Europa sarebbe stata impossibile. È un’intuizione ancora valida, anche per i Balcani. Possiamo discutere su quale sia il migliore percorso da seguire, ma penso che siamo tutti d’accordo sull’obiettivo: un’Europa veramente unita, con i Balcani all’interno dell'Unione Europea. La nostra Unione è nata come progetto di pace, e continua ad esserlo anche oggi.
Quale è il ruolo che l’Italia può giocare nel processo di avvicinamento dei Balcani a Bruxelles?
Dico sempre che la capitale europea più vicina a Roma, se escludiamo il Vaticano e San Marino, è Podgorica. L’Adriatico è un mare piccolo, le due sponde sono incredibilmente vicine per storia, per geografica e per rapporti economici. Ospitare il vertice di Trieste è di per sé un segno del ruolo positivo che l’Italia sta giocando. L’Italia è uno dei principali partner di questa parte di Europa, per il commercio e per gli investimenti: una maggiore integrazione può creare crescita e opportunità per tutti noi. Ed è importante che tutti gli Stati membri dell’Unione, al Consiglio europeo, abbiano ribadito un impegno inequivocabile per l’integrazione dei Balcani nell’Unione europea.
Quale sarà un esito del Vertice di Trieste che Lei potrà giudicare soddisfacente?
Mi aspetto che il Vertice lanci un messaggio chiaro: siamo determinati a continuare il nostro lavoro per la stabilità della ragione e per rafforzare i nostri legami politici ed economici. L’Ue è pronta ad accompagnare la regione in questo cammino, ma la spinta per le riforme deve venire dai Balcani. I leader della regione devono prendere in mano questa responsabilità, nell’interesse dei propri cittadini.
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