Mobili mai consegnati e caparra persa ingannata pure una donna di Staranzano



Il desiderio di una cucina nuova, per la casa in ristrutturazione, si è infranta in via Carpené 11 a Brugnera. Lì, come decine di altri clienti poi rimasti senza mobili malgrado le sostanziose caparre, si era rivolta un anno fa Chiara Luigia Rissdorfer, staranzanese di 65 anni. Lo aveva fatto dopo la visita a domicilio del venditore Paolo Marco Filippin, l’imprenditore friulano con un passato da tronista nello show di Uomini e Donne.

Una consulenza «senz’altro professionale», come raccontato dalla donna, che non aveva dato adito a particolari ansie, finita però nel peggiore dei modi dopo la stipula del contratto per un importo di 11.300 euro: telefono muto, zero consegne e impossibilità a contattare l’uomo, frattanto finito indagato, a marzo, dalla Guardia di finanza di Pordenone per l’ipotesi di truffa, a seguito della denuncia di diversi clienti (una decina di querele all’inizio). I militari hanno già perquisito la sede legale della ditta di commercio al dettaglio di mobili “L. Sato Italia – Arte dell’Arredo” (ma l’attuale denominazione è “Fabbriche Riunite srl”) di Brugnera e quella di Trieste, in via San Francesco 40. La Procura vuole vederci chiaro, il legale di Filippin esclude la truffa. Del caso si è occupato “Striscia la notizia” e “La vita in diretta”. E già ieri, su queste colonne, era stato riferito di un primo episodio anche a Monfalcone, dove una coppia è in attesa da un anno di ricevere un bagno, dopo l’anticipo di 1.200 euro.

Ora spunta un secondo caso, quello di Chiara Luigia Rissdorfer, che per l’agognata cucina ha versato in tutto 6 mila euro, 200 di acconto e 5.800 di caparra con bonifico. La cliente si è rivolta a Federconsumatori ed è assistita dal responsabile Marco Valent. «Sono consapevole che purtroppo non rivedrò la somma – dice –, ma ciò che adesso mi preme è liberarmi dal contratto, poiché ho urgenza di disporre di una nuova cucina e devo acquistarne un’altra», spiega. L’arredo doveva essere indicativamente consegnato a dicembre. In assenza di una data precisa, spiega Valent, «è necessario inviare prioritariamente una lettera per la messa in mora della consegna, fissando quale termine perentorio i 15 giorni, dopodiché il contratto s’intende risolto in assenza di mobili». Così non c’è più titolo ad avanzare richiesta di saldo.

Ma come era iniziato tutto? «Mio figlio e mia nuora, lo scorso anno, aveano fatto una visita a una fiera di settore, Casa moderna a Udine, e lì avevano visto lo stand con Filippin – riferisce Rissdorfer –. C’era stato uno scambio di contatti telefonici. Io dovevo avviare la ristrutturazione di una casa per ricavare un appartamento per loro e uno più piccolo per me. Quindi insieme avevamo deciso la visita del venditore incaricato. Il Filippin, di cui ignoravo perfino il passato da tronista, perché non guardo mai quella trasmissione, era venuto a casa nostra. Mi era parsa una persona seria e competente». Figlio e nuora alla fine optano per altre soluzioni, la madre invece si reca allo showroom di Brugnera. «Era aprile 2018 – precisa –. Ho visto, in uno spazio espositivo enorme, una cucina con penisola che mi piaceva e ho deciso di acquistarla. I lavori dovevano ancora cominciare e quindi mi andava bene che i mobili arrivassero alcuni mesi dopo, così abbiamo pattuito una consegna verso Natale, per un totale di 11.300 euro: nella cifra erano compresi la cucina e tutti gli elettrodomestici più due mobili per il soggiorno».

«Ottima impressione» pure sulla sede friulana. «C’erano almeno dieci persone che lavoravano – afferma –, ho visto coi miei occhi i mobili, non ho scelto su catalogo». Per fermare l’ordine «Filippin chiede 200 euro d’acconto e 5.800 euro di caparra». Le cose si mettono male verso l’estate: «Avevo necessità di contattare il venditore per definire la disposizione delle prese, ma niente da fare. Non c’era verso: telefonavo e rispondeva la segreteria automatica. Solo dopo insistenze sono giunti dei fogli, molto approssimativi. Lì mi sono venuti i primi sospetti. Ma è stato quando il geometra incaricato a seguire i lavori, cui avevo inoltrato il numero, mi ha detto che l’utenza risultava chiusa che mi sono venuti i sudori freddi. Ho navigato su internet e la vicenda è venuta a galla». «Ora – spiega amareggiata – non ho cucina né soldi. Sono conscia che la restituzione della somma sarà difficile, ma almeno con la lettera di Federconsumatori mi libero di un peso: magari questa gente è capace pure di chiedermi il saldo...». «All’inizio – conclude – mi sono colpevolizzata, poi ho capito di essere una delle tante persone rimaste invischiate in questa storia. Non so quali altri passi intraprenderò in merito, devo ancora rifletterci». –



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