Mladic, via libera all’estradizione

I familiari: «Sta molto male». I giudici: «Può andare all’Aja» Lui chiede libri di Tolstoj e si dichiara «non colpevole»

BELGRADO. Estradatelo, sta bene e può affrontare il processo. Dopo la gioia per l’arresto del super latitante, a Belgrado è arrivata l’ora delle prime inutili schermaglie legali tra accusa e difesa. Ci ha provato, Ratko Mladic, a spacciarsi per un anziano malato, incapace di andare incontro alla giustizia. «Sta male, deve essere trasferito in ospedale. E curato da medici russi», ha preteso Darko, suo figlio. «Ha un cancro», si sussurrava fuori dal Tribunale per i crimini di guerra, dove Mladic è rinchiuso. Ma ieri in mattinata, tutte le voci sono state spazzate via dalla prima foto di Mladic, dimagrito, non certo moribondo.

E poi dalle parole della portavoce del tribunale, Maja Kovacevic: «Esistono le condizioni per l’estradizione di Mladic all’Aja», il suo stato di salute non rappresenta un ostacolo. Il carcerato si è dichiarato non colpevole, ha chiesto libri di Tolstoj, una tv e di visitare la tomba della figlia morta suicida nel ’94. «Risponde razionalmente a tutto quanto gli viene chiesto», ha aggiunto il viceprocuratore Bruno Vekaric. L’unico rischio rimane l’appello contro l’estradizione. Sarà presentato lunedì, ma non impedirà l’ultimo viaggio del “macellaio dei Balcani”. Sola andata, destinazione Tribunale penale per l’ex Jugoslavia (Tpi), dove lo attendono «prove massicce», ha detto il procuratore capo del Tpi, Brammertz. Tpi che sarà sotto la stretta osservazione di Mosca.

Il Cremlino esige «un processo imparziale». Konstantin Kosachev, capo del comitato Esteri della Duma, ha suggerito che il Tpi potrebbe però «non «essere sopra le parti», ripetendo una litania già sentita ai tempi degli arresti di Karadzic e Milosevic. Ma più che alle sirene dei “fratelli ortodossi” russi, l’attenzione a Belgrado è indirizzata verso la “carota” che l’Ue, dopo le bastonate, potrebbe ora riservare ai serbi. Sarà lo status di Paese candidato entro l’anno? Non sembra più così sicuro, dopo che l’Olanda ha fatto sapere alla Serbia che dovrà sudare ancora tanto prima di poter entrare nell’Ue. «Mladic era sì l’ostacolo più ingombrante, ma solo una delle condizioni che la Serbia deve soddisfare per essere integrata nell’Ue.

C’è tanto da fare, per esempio, nella riforma dell’amministrazione statale, ma Bruxelles ha già lanciato un segnale positivo tramite Barroso e Ashton», afferma Jelena Obradovic–Wochnik, esperta di Balcani e lettrice all’università di Aston. Ma un segnale, interno, di un’era che è finita, Belgrado lo avrà solo con l’estradizione del generale, fra 6 giorni. Una catarsi che permetterà forse alla Serbia di interrogarsi anche sul perché il ricercato sia stato localizzato a soli 80 km dalla capitale, in una casa di famiglia. Protezioni ad alto livello non sono da escludere, se anche il ministro degli Interni, Ivica Dacic, ha ammesso che Mladic «possedeva ancora la sua vera carta d'identità e il tesserino di riconoscimento dell'esercito».

E due pistole. «È stato protetto da parti dello Stato, i membri dell’esercito non avrebbero potuto agire a suo favore senza un ordine politico. I servizi hanno ammesso che Mladic era nascosto in una struttura militare fino al 2002 e che poi ne hanno perso le tracce. Non ci credo, impossibile essere così stupidi», accusa Zoran Dragisic, direttore dell’Istituto per la Sicurezza internazionale di Belgrado. «Non so quanto Tadic controlli i servizi segreti, sarebbe necessario che lui stesso se lo chiedesse. È una domanda fondamentale per il nostro sistema politico. La risposta potrebbe far capire se lo Stato ha conosciuto in questi anni una vera riforma».

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