«Misure decise tardi. Butteremo via tutto». I locali di Trieste in ginocchio

TRIESTE Pieni di debiti e demotivati. Si sentono così, dopo l’ultimo decreto del governo, ristoratori e baristi in primis, ma anche i commercianti del Friuli Venezia Giulia. Il periodo pesa per il 20% sul fatturato di un intero anno, ma quest’anno il boom dei consumi è un miraggio. Senza neppure questa boccata d’ossigeno, migliaia di imprese corrono il rischio di non riuscire a reggere e trovarsi a chiudere definitivamente i battenti quando sarà invece ora di riaprire.
«Le categorie dei pubblici esercizi e della ristorazione si ritrovano ancora una volta spiazzate da decisioni nazionali prese all’ultimo minuto – dichiara il consigliere nazionale e presidente provinciale di Udine di Confcommercio Fipe Antonio Dalla Mora –, quando più di un imprenditore aveva già raccolto le prenotazioni per il pranzo di Natale e acquistato parte della merce per realizzarlo». Il provvedimento del governo, dice Dalla Mora, «è sconcertante per la confusione dei contenuti e perché una volta ancora penalizza le stesse categorie già massacrate a partire da di marzo. Ed è pure uno scaricare su di noi le responsabilità di un fallimento nel contenimento del contagio. Non vediamo alcuna garanzia di poter recuperare quanto inevitabilmente andrà perduto».
Che cosa se ne faranno i ristoratori di tutto il cibo ordinato? «Verrà in piccola parte conservato, però il resto sarà svenduto, regalato o ce lo porteremo a casa», spiega Bruno Vesnaver, presidente Fipe-Confcommercio Fvg. I titolari hanno iniziato a chiamare i clienti per disdire le prenotazioni, proponendo l’asporto o il domicilio. Ma a queste opzioni hanno aderito in pochi. «Perfino i clienti – continua Vesnaver – si trovano spaesati. I ristoranti erano pieni per Natale. Questo è un danno sul danno. E noi non sappiamo dove tirare fuori i soldi, con le tredicesime da pagare. I ristori devono essere più sostanziosi di quelli di aprile. Come categoria faremo appello per sconti su bollette e affitti. Ormai siamo psicologicamente demotivati: potremo aprire il 7 gennaio? Tutto è fuori controllo».
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