Mister booking.com torna al Collegio del Mondo unito

Nel guardare il bicchiere, lo vede sempre mezzo pieno. Darren Houston è ottimista di natura. Sarà per il fatto che è nato a Hope, British Columbia, la provincia canadese più occidentale. Hope come speranza, dunque, per un signore che appare quasi sempre con il sorriso sulle labbra. Alla soglia dei cinquant’anni - li compirà il prossimo gennaio -, Houston è ritornato al Collegio del Mondo unito dell’Adriatico di Duino, dove ha passato «due anni fantastici, ricchi di ricordi».
A metà degli anni Ottanta era un giovanotto canadese sveglio, appassionato di vela e di windsurf, «sport che ho praticato molto durante la permanenza triestina». Davanti a sé vedeva un futuro nel mondo della diplomazia, ma poi il destino l’ha condotto su altri lidi: prima sulla sponda Microsoft, dove ha vestito i panni del dirigente per diversi anni, poi su booking.com, sito internet leader nel mercato delle prenotazioni turistiche, del quale Houston è attualmente l’amministratore delegato.
L’ottimismo è diventato il filtro attraverso il quale il ceo di booking.com guarda al mondo e ai suoi continui cambiamenti. Dalla sua esperienza duinese sono cambiate molte cose: «Al mondo c’erano moltissimi confini - ricorda il manager- . Il solo andare nell’allora Jugoslavia ci sembrava una cosa complicata. C’era la guerra fredda e si percepiva la frattura fra due mondi, quello occidentale e quello sovietico».
Caduti i confini fisici, con l’avvento del computer e di internet sono cadute molte altre barriere, che hanno contribuito ad accorciare le distanze, soprattutto quelle mentali. «Il mondo di oggi è più piccolo e accessibile di un tempo - sorride Houston - . L’Italia degli anni Ottanta era molto diversa: quasi nessuno parlava l’inglese, neanche nei caffè di Venezia. Molte cose sono cambiate, ma altre sono rimaste tali e quali ad allora. La bellezza di questa parte del mondo è rimasta intatta e anche il bar nella piazza di Duino non è cambiato. Ci sono ritornato con piacere».
Lo sguardo propositivo non viene meno neanche nel rivolgersi ai giovani che frequentano il Collegio duinese, ai quali ha raccontato la propria esperienza, affrontando le tematiche della leadership e del successo: «I ragazzi di oggi sono svegli - sottolinea Houston - . Sanno usare al meglio la tecnologia, riuscendo ad avere accesso a molte informazioni. La loro sfida più grande è quella del lavoro. Ci stiamo lasciando alle spalle una fase critica e stiamo andando incontro a un periodo molto interessante».
Ma qual è la formula per emergere attraverso delle acque che appaiono ancora agitate? «Il mio consiglio - spiega il dirigente canadese - è quello di girare il mondo e conoscere più posti e persone possibili. Arriverà il momento per ogni giovane di porsi degli obiettivi e di provare a perseguirli, ma questa non deve diventare una ossessione per la vita».
E se la sua vita lavorativa non l’avesse portata dove è ora? «Avrei fatto il giocatore di golf professionista - risponde Houston senza mascherare una certa autoironia - , anche se non è che sia così bravo in questo sport».
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