Missioni all’estero, il 13° carabinieri un esempio per tutti

L’approccio italiano alle missioni di stabilizzazione internazionale, in particolare quello dei carabinieri del 13° reggimento Friuli Venezia Giulia, è stato il protagonista della cerimonia di consegna della Medaglia della Carità nazionale in argento al reparto di via Trieste da parte dell’associazione internazionale Regina Elena. Ieri l’onlus ha inoltre conferito la Targa di Pace al generale di Divisione Vincenzo Coppola, comandante della Divisione Unità mobili carabinieri, consegnando poi numerosi attestati di benemeranza.
Nel corso dell’appuntamento, il professor Georg Meyer ha moderato la tavola rotonda sulle missioni internazionali alle quali hanno partecipato il funzionario Onu Andrea Angeli, il capitano Corrado Faggioni, il tenente Marco Di Iesu e il maresciallo aiutante Angelo Minì. In diverso modo e da diversi punti di vista i relatori hanno sottolineato l’importanza di quella che comunemente viene definita la “via italiana” alla soluzione dei problemi delle missioni di pace. In altre parole si tratta della capacità d’entrare in empatia con i propri interlocutori offrendo soluzioni ad hoc per ogni scenario.
Per esempio, in Uganda, dove è in atto la missione di addestramento dei soldati somali (sotto l’egida dell’Unione europea), con il 70% delle reclute analfabeta, i militari italiani si sono inventati un manuale a fumetti e hanno ideato giochi di ruolo. Lo stesso è stato fatto in Afghanistan e in altri teatri operativi. «Il denominatre comune di tutte le missioni è la ricerca della pace, non è facile perché ognuno ha background differenti», ha spiegato il maresciallo aiutante Minì.
Al termine della discussione, un video ha ricordato il trentenne carabiniere scelto Manuele Braj, deceduto lo scorso anno in Afghanistan per lo scoppio di un razzo sparato contro la base di Adraskan. Forte la commozione dei commilitoni e di tutti i presenti che a lui hanno dedicato un lungo applauso. «Manuele non voleva essere un eroe - ha sottolineato il generale Coppola ricordando che dietro al riconoscimento consegnato a lui c’è una moltitudine di uomini che lavora nell’ombra -. Manuele voleva solo essere un carabiniere che compie il suo lavoro nel miglior modo possibile, è diventato eroe suo malgrado. Noi non siamo più bravi degli altri, ma ci mettiamo tutto il cuore che possiamo metterci».
Stefano Bizzi
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