Miramare, soldi finiti. D'inverno castello chiuso «per freddo»

Il finanziamento 2011 coprirà (forse) solo il debito di bollette Caburlotto: «Troppi tagli, non potremo comprare il gasolio» Bordano sui colibrì: nulla di deciso si brancola nel buio

TRIESTE. Si aprono i libri dei conti e salta fuori che il castello di Miramare il prossimo inverno potrebbe restare senza gasolio per il riscaldamento. Chiuso, pertanto, al pubblico. Se la Statua della libertà a New York ha scansato per un pelo il pericolo, il supercastello triestino rischia grosso. Il soprintendente Luca Caburlotto, che non transige mai, che per inscalfibile adesione alla legge fino all'ultimo ha reiterato ordinanze di sfratto alle serre abusive dei colibrì (pasticciaccio tuttora concretamente non risolto), ha fatto due conti, riunito il suo settore e annunciato: «Quest'anno non avremo un euro per i servizi, e non si possono accumulare debiti di luce, acqua, gasolio, pulizie perché gli interessi di mora potrebbero essere imputati dalla Corte dei conti come danno erariale. Pertanto tagliamo le spese, e l'unica cosa che si può tagliare senza danni è l'apertura del castello».

Il costo per i servizi a Miramare è di circa 400 mila euro all'anno (80-90 mila solo di acqua). Ne arrivavano finora 100 mila. Per pagare il resto si attingeva in sede di perizia ai fondi per lavori e manutenzione («legittimo», dice Caburlotto, ma ecco perché poi mancavano i denari per sostituire le piante invecchiate nel parco). Per il 2011 la voce «manutenzione» è stata tagliata: 220 mila euro al posto di 500 mila. Nulla si potrà dunque attingere a questa voce. Intanto il ministero ha ordinato alle Soprintendenze di chiedere il 30% in meno per i servizi (cioé anche per bollette): Trieste sarebbe dovuta passare da 100 mila a 70 mila euro. Caburlotto al contrario ha fatto richiesta per averne addirittura 220 mila, tre volte tanto. Il ministero ha ceduto fino a quota 165 mila. Ma è una promessa solo verbale (così come per la somma con cui sanare i muraglioni). Il problema scatenante però viene in ultimo. Non solo questi soldi, che dovevano arrivare a marzo, sono stati fatti slittare a maggio («perché intanto il ministero sta studiando ulteriori tagli»), ma restano da pagare in bollette ben 170 mila euro. Mentre i soldi 2010 sono finiti.

Nella somma, è ovvio, il soprintendente mette in conto pure il peso dell'acqua «non pagata da 12 anni dal parco dei colibrì, a 3 metri cubi al giorno». Ma il senso è chiaro: «Se a maggio arrivassero questi 165 mila euro, e non è detto, perché la cifra sicura sono 70, potremmo pagare solo i 170 mila che ancora dobbiamo. Saldati gli arretrati, per tutto il resto dell'anno non avremmo più un euro». Fare debiti o no? Il soprintendente non vuole «essere personalmente inquisito», come dirigente responsabile, di interessi di mora e dunque di un «danno erariale evitabile» che dovrebbe, personalmente, rimborsare allo Stato. Perciò rifugge il «rosso con interessi» e sceglie di non spendere. «È ora di chiarire come stanno le cose - conclude -, bisogna fare scelte e sacrifici? Non prendiamoci in giro col dire che continuiamo a far le nozze coi fichi secchi. Alla fine coi tagli i nodi sono venuti al pettine, i salti mortali non sono più possibili, e se non avrò garanzie, non comprerò il gasolio per riscaldare il castello. E dunque resterà chiuso al pubblico».

 

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