Miramare, nessun divieto nella riserva Mab Unesco
Terra e mare. La Riserva marina di Miramare è stata la prima area marina protetta d’Italia (30 ettari, gestita dal Wwf) e ora diventa il cuore della “Riserva Mab (Man an Biosphere)” tutelata dall’Unesco, che diventa dieci volte più grande (da 300 a tremila ettari). Va dall’inizio della Costa dei Barbari fino a Barcola passando per Santa Croce. In termini di divieti non cambia nulla. «Si potrà continuare a fare il bagno, a coltivare mitili. L’area marina protetta resta quella di prima. Per la zona attorno, che comprende anche il parco di Miramare e la Costiera Triestina, c’è ora un’opportunità in più per lo sviluppo della zona», rassicura il biologo Maurizio Spoto, direttore della Riserva marina gestita dal Wwf Italia da poco meno di trent’anni.
Anche l’area Mab, che comprende da sempre anche il parco di Miramare, è tutelata dall’Unesco dal 1979. «Bisognava scegliere se ampliarla o rischiare che fosse soppressa vista la sua scarsa estensione. Mab significa “Man and Biosphere”: una certificazione che sigla l’armoniosa convivenza tra uomo e biodiversità. Nell’area si promuove un’economia ecostenibile che va dalla mitilicoltura alla coltivazione dei pastini. Non si tratta di una riserva protetta, ma di un’area tutelata che vanta un pregio storico e naturalistico».
Il riconoscimento arriva dopo un lungo percorso. La Riserva marina di Miramare partecipa al programma Mab dell’Unesco dai primi anni Ottanta. Nel 2011, in accordo con il comitato nazionale Mab, è stato proposto un ampliamento che dai 300 ettari iniziali porta a quasi 3.000 ettari, includendo un’ampia zona di transizione marina e terrestre lungo la Costiera Triestina. Questa fascia è costituita sia dall’altipiano carsico sia dal tratto di mare. In futuro potrebbe persino includere il Punto Franco Nord (ovvero il Porto Vecchio di Trieste) a dimostrazione che la riserva Mab non ha un’impronta esclusivamente naturalistica. «Abbiamo già avviato dei contatti con l’Autorità portuale per includere il Porto vecchio e ampliare l’area verso la città», aggiunge Spoto.
La riserva Mab dell’Unesco è come un bollino di qualità attorno al quale costruire dei progetti di marketing territoriale e mettersi a caccia dei finanziamenti europei e mondiali. «A differenza dei siti dell’Unesco (vedi Dolomiti o Pompei, ndr), tutelati a livello mondiale perché rimangano incontaminati, le riserve Mab propongono proprio che la conservazione e lo sviluppo umano si incontrino in modelli sostenibili». L’originalità della riserva Mab di Miramare è quella di avere proposto sia mare che terra. Un unicum. «Potremmo lanciare i mitili e il prosecco (glera) della Mab di Miramare anche se l’abbinamento a tavola non è dei migliori», aggiunge il direttore della Riserva Marina.
Il vero lavoro sulla Mab di Miramare inizia ora. Soprattutto per quanto riguarda i finanziamenti. «La nostra idea è stata certificata dall’Unesco, ma adesso va sviluppata con i vari enti. Abbiamo avuto il via libera dalla Regione, dalla Provincia e dai Comuni di Duino Aurisina e Trieste. Con quest’ultimo è possibile sviluppare un turismo naturalistico legato al territorio carsico, che è la cintura verde di Trieste e va rivalorizzata a partire dal piano regolatore» spiega Spoto. «La riserva Mab - conclude il direttore della Riserva marina - non è un’area dove non si possono fare delle cose, ma può diventare un incubatore di progetti sostenibili e un luogo di incontro tra i vari enti spesso scollegati nelle iniziative».
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