«Minori abusate, si condanni il maestro»
Chiesti 4 anni e 8 mesi per l’insegnante di equitazione accusato di violenza sessuale su 2 allieve di cui una 13enne triestina
Il tribunale di Udine
TRIESTE Mentre era agli arresti domiciliari, aveva ammesso le proprie responsabilità e il suo atteggiamento collaborativo gli era valso il via libera a recarsi quantomeno al lavoro. Ma l’altro giorno, durante la discussione del processo celebrato in abbreviato davanti al gup di Udine, il suo difensore ha ritrattato: la confessione che il maestro di equitazione accusato di violenza sessuale ai danni di due allieve minorenni aveva reso qualche mese prima – ha spiegato l’avvocato Massimo Cescutti, che lo assiste insieme al collega Gianfranco Angelilli – serviva soltanto a permettergli di tornare alla sua azienda agricola e guadagnare quanto necessario a risarcire i danni a entrambe.
Lui, però, un cinquantunenne friulano di cui omettiamo le generalità a tutela delle parti offese, dei fatti dà una versione assai diversa: con la più giovane, una bambina all’epoca soltanto tredicenne residente a Trieste, dice di non avere mai avuto alcun tipo di approccio, fuorché quello legato all’attività didattica, mentre con l’altra, un’udinese che di anni ne aveva sedici, ammette di avere intrecciato una relazione sentimentale, ma precisando che tutto quel che avvenne tra loro, rapporti completi compresi, fu consenziente. Proprio come aveva affermato la stessa ragazzina, ormai maggiorenne, nell’incidente probatorio eseguito lo scorso maggio.
D’accordo o no, erano poco più che due bambine e il reato, secondo il pm Letizia Puppa, titolare del fascicolo, ci fu sia con l’una sia con l’altra denunciante e va punito con una condanna che, considerando la scelta del rito abbreviato (che garantisce lo sconto fino a un terzo della pena) e il riconoscimento all’imputato delle circostanze attenuanti generiche, ha proposto nella misura di quattro anni e otto mesi di reclusione.
La difesa ha invece concluso per il minimo della pena tenuti conto l’abbreviato e le generiche per gli episodi riconducibili alla “fidanzatina”, e per l’assoluzione con formula piena «per non aver commesso il fatto» per gli altri capi d’imputazione. Nel procedimento, nessuna delle due famiglie si è costituita parte civile. Il giudice Daniele Faleschini Barnaba ha rinviato il processo con rito abbreviato ad altra udienza per eventuali repliche e per la lettura della sentenza.
Condotte dalla sezione di Polizia giudiziaria della Polizia di Stato, le indagini erano culminate nel febbraio dell’anno scorso nell’arresto dell’uomo. Il caso era scoppiato a seguito della querela presentata dai genitori dell’allora tredicenne. Era stata la madre a riferire di averla sorpresa a toccare le parti intime del maestro di equitazione mentre i due si trovavano nella stanza di un bed&breakfast della provincia di Padova, dove si erano recati per una gara.
Invitata a confidarsi, la piccola le aveva raccontato allora di avere già avuto con lui due rapporti sessuali, mentre si trovavano nella sua abitazione, vicino al maneggio, in Friuli. Il racconto era stato confermato diversi mesi dopo, nel corso dell’incidente probatorio.
Il nome della seconda allieva era spuntato tra un accertamento e l’altro. Nel rievocare le rispettive relazioni con l’istruttore, entrambe si erano dette attratte e innamorate, descrivendolo come un “Dio” e confermando di avere cercato e condiviso i baci, le carezze e qualsiasi altro momento di intimità rievocato alla presenza di psicologi e investigatori. La maggiore delle due ha anche riferito di essere rimasta incinta e di avere interrotto la gravidanza quando aveva ancora 17 anni.—
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