Mini-dighe sui tre inghiottitoi per salvare il lago di Doberdò

DOBERDO Dallo studio all'azione per tentare di salvare il lago di Doberdò, prezioso esempio di specchio d'acqua carsico, ricco di biodiversità: una risorsa per tutto il territorio messa a dura prova dalla riduzione del livello idrico e da un progressivo interramento provocato anche alla mancata manutenzione della vegetazione palustre.
A brevissimo partirà, a opera del Consorzio di bonifica della pianura isontina in sinergia con l'Università di Trieste, e con il sostegno della Regione, una sperimentazione sul lago, i cui tre inghiottitoi saranno "protetti" da mini-dighe, in materiale rimovibile ed ecocompatibile, in modo tale da tentare di evitare che l'acqua "scappi". La notizia è stata data ieri nel corso del convegno "L'Isonzo sotterraneo e il lago di Doberdò, tra speleologia, conservazione e sfruttamento idropotabile" organizzato dal Monfalcone da Comune, dal Dipartimento di Matematica e geoscienze dell'Università di Trieste e dalla Federazione speleologica del Friuli Venezia Giulia.
La decisione di intervenire nel lago, e non valle, è stata presa a fronte dei due anni di analisi del percorso delle acque del lago. A effettuarle il gruppo di lavoro Acque carsiche isontine, che ha visto in prima linea gli speleologici dell'Isontino e del resto della regione e sloveni e i ricercatori del corso di laurea di Geologia, coordinati dal professor Luca Zini, con la collaborazione del Comune di Doberdò, del Consorzio di bonifica, gestori delle reti idriche, dell'Istituto agrario Brignoli.
Il terzo tracciamento delle acque, svolto lo scorso luglio con oltre 300 campioni raccolti in due settimane grazie all'impegno di 72 volontari, ha confermatogli gli esiti dei due precedenti effettuati nel 2018: le acque del lago prendono più direzioni, anche se poco meno del 50% finisce nel terzo ramo del Timavo. Il resto però si divide tra la zona a sud, verso il Lisert, a Monfalcone, e la zona a Est verso la Slovenia (Klarici).
Lo studio, importante anche per essere un esempio di “cizitenship science”, ha ribadito però, una volta di più, la complessità e la fragilità dell'area carsica, perché l'acqua in alcuni punti scorre in modo davvero veloce in falda, come ha spiegato Chiara Calligaris del Dipartimento di Matematica e Geoscienze, ed eventuali sversamenti di inquinanti potrebbero avere un impatto pesantissimo. «Ci sono anche implicazioni socio-economiche: due acquedotti, quello di Acegas e quello sloveno di Sezana, sono coinvolti con circa 400 mila persone approvvigionate», ha detto. L'estrema vulnerabilità della sorgente del Sardos e del Timavo, entrambe ancora utilizzate da Acegas, si trovano a qualche decina di metri dall'autostrada A4, «priva di qualsiasi sistema di raccolta e trattamento delle acque», ha sottolineato poi Fabio Gemiti, già responsabile del laboratorio di Analisi di Acegas.
Le ulteriori azioni da mettere in campo per la salvaguardia del sistema idrogeologico carsico comprendono comunque la collaborazione con il Cnr per l’identificazione della presenza di eventuali microplastiche nelle acque di falda e nei sedimenti e quella con i due acquedotti e con il laboratorio di analisi Heratech. «Conoscere significa anche migliorare la perimetrazione delle aree di salvaguardia delle opere di presa e dei protocolli di intervento locali, nazionali e transfrontalieri - ha aggiunto Calligaris -. Vanno quindi realizzate ulteriori indagini idrogeologiche-speleologiche in corrispondenza delle acque dell’Isonzo, del lago di Pietrarossa, del lago di Doberdò».
Lago in cui è stata già avviata anche una sperimentazione sulla cura della vegetazione da parte del Dipartimento di Scienze della vita. L'importante diversità vegetale è minacciata infatti da un aumento della velocità di svuotamento del lago, interramento e specie alloctone invasive, come ha spiegato il docente di Ecologia Alfredo Altobelli, che ha coordinato lo studio della vegetazione mappata tramite riprese con un drone.
In base all'analisi effettuata, gli interventi di riqualificazione del lago dovrebbero comprendere, oltre al controllo del livello idrico, il taglio turnato del canneto, con rimozione della biomassa, la conservazione del bosco umido, ambiente di maggior valore per l’avifauna nidificante, e il controllo delle specie "aliene". —
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