Mini-atleti espulsi dal coach Non fu abbandono di minori
Una bolla di sapone o poco più, gonfiatasi in estate e azzeratasi in primavera. Si è chiusa con l’archiviazione l’indagine che aveva coinvolto Francesco Pompeo, l’allenatore delle squadre giovanili della Pallacanestro Trieste, accusato dai genitori di un paio di allievi di “abbandono di minori”. Secondo il giudice Enzo Truncellito «nessun rimprovero di omessa vigilanza può muoversi all’allenatore». Anzi il magistrato “tira le orecchie” ai tre ragazzi e censura il loro comportamento.
«L’aver detto loro di andarsi a cambiare nello spogliatoio, di avvertire i genitori con i telefoni cellulari che avevano a disposizione e di attenderli mentre lui continuava l’allenamento con altri allievi, ha costituito senz’altro adempimento degli obblighi di sorveglianza. Non potendosi certo pretendere in casi come questi una continua vigilanza fisica che sarebbe stata necessaria invece in presenza di bambini veri e propri. Mai avrebbe potuto Francesco Pompeo immaginare che tre ragazzi si allontanassero inopinatamente dalla palestra».
Dunque nella decisione del giudice di archiviare l’inchiesta ha pesato il fatto che i tre ragazzi espulsi per motivi disciplinari dalla palestra di via Locchi in cui era in corso l’allenamento avessero ormai 12 o 13 anni. Se la loro età fosse stata inferiore - sette o otto anni - anche l’udienza avrebbe avuto un esito diverso. «Sono soddisfatto dell’esito dell’udienza. Non avevo mai avuto dubbi sul comportamento del nostro allenatore» ha affermato Luigi Rovelli, presidente della più importante squadra di basket della regione cui all’epoca erano iscritti i tre ragazzini al centro di questo caso non solo giudiziario.
Determinanti per chiarire la situazione si sono rivelate le indagini della Procura alla quale il papà di uno dei tre “espulsi” aveva presentato un esposto - denuncia contro l’allenatore, reo ai suoi occhi di aver messo a repentaglio la sicurezza del figlio espellendolo assieme ad altri due mini giocatori dalla palestra per motivi disciplinari. Era stata attivata anche la Giustizia sportiva anche perché già in precedenza si era manifestato un certo attrito tra un paio di genitori e la società. I primi ritenevano che i loro “campioncini” non fossero adeguatamente valorizzati e impiegati in campo durante le partite.
La Pallacanestro Trieste e l’allenatore delle squadre giovani si richiamano in un verso al rispetto delle decisioni tecniche dei dirigenti, nell’altro alla disciplina necessaria alla gestione delle squadre. Papà e mamme non dovrebbero interferire con i “cambi” decisi dallo staff tecnico. Non dovrebbero mettere il proprio figlio in competizione con i compagni, solleticando la sua vanità. Anche questo si legge tra le righe della decisione della magistratura di archiviare il caso.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo