Minaccia islamista, sale l'allerta a Trieste

Rafforzati tutti i controlli sugli obiettivi sensibili, massima attenzione per tutte le persone che arrivano dalla Turchia. Porto e Centro di fisica sorvegliati speciali
Poliziotti di guardia davanti alla sinagoga di via San Francesco in un'immagine di archivio
Poliziotti di guardia davanti alla sinagoga di via San Francesco in un'immagine di archivio

«Passate al setaccio tutti gli stranieri provenienti dai Paesi musulmani e in particolare dalla Turchia».

È questa l'indicazione che il Viminale ha dato - dopo i fatti di Parigi - ai responsabili delle Digos delle principali questure italiane e in particolare di Trieste. Dopo l’assalto e la strage alla redazione del giornale Charlie Hebdo quello della sicurezza è diventato uno dei punti in evidenza nell’agenda del governo. Non si tratta solo di un problema tecnico, di polizia, ma di una vera e propria emergenza: prova è il fatto che ieri mattina il prefetto Francesca Adelaide Garufi ha presieduto un comitato ordine e sicurezza dedicato proprio alla nuova emergenza sicurezza. Alla riunione hanno partecipato i rappresentanti delle forze dell’ordine. «Abbiamo adottato una serie di misure particolari - ha detto il commissario di governo - Lo scopo è stato di elevare il livello di attenzione. Dobbiamo avere gli occhi aperti».

In pratica è stata intensificata un’imponente attività di monitoraggio di tutti gli ambienti anche indirettamente collegati con i Paesi islamici. Tra questi anche il Centro di Fisica di Miramare dove lavorano scienziati provenienti da tutto il mondo. Negli uffici della Digos vengono controllati nomi e indirizzi di stranieri originari dei Paesi nel mirino. Viene fatto un controllo e un confronto con i dati dei permessi di soggiorno, quelli dei visti d'ingresso, ma anche quelli di eventuali denunce o rapporti delle forze di polizia. E sotto la lente è tornata a finire anche la rete internet.

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Rete che un paio di mesi fa, proprio a Trieste, era stata violata da hacker entrati nel sito web di Radio Punto Zero per lanciare i proclami deliranti dell’Isis, il califfato islamico dell’Iraq e del Levante che da più di due anni combatte nella guerra civile siriana contro il presidente sciita Bashar al Assad, e da uno ha cominciato a combattere non solo le forze governative siriane ma anche i ribelli più moderati, creando di fatto un secondo fronte di guerra.

Ma il timore, che lo stesso prefetto evidenzia, è che lo scalo di Trieste possa, nel nuovo scenario, rappresentare per un commando l'ideale punto d’ingresso in Europa: nulla di più facile confondersi tra i camionisti o i clandestini provenienti dalla frontiera con la Turchia. Ma anche il punto di partenza dall’Europa di un jhadista insospettabile, invisibile, quello “della porta accanto": una minaccia questa che in tutto il mondo toglie il sonno alle forze e ai servizi di sicurezza. E che ora, seppur indirettamente, si abbatte anche su Trieste.

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È scattato un meticoloso piano di controlli in porto da parte della polizia di frontiera. In queste ultime ore sono partite verifiche minuziosissime sulle navi provenienti dalla Turchia. La banca dati che regolarmente viene utilizzata per scoprire i carichi di droga o sigarette di contrabbando adesso viene impiegata dalla Finanza a tutto regime anche in chiave antiterroristica. I dati dei mezzi commerciali, delle società di spedizione e dei conducenti sono analizzati e incrociati anche con quelli provenienti dai servizi di intelligence.

Dalla Capitaneria è stata segnalata alle petroliere l’esigenza di prestare la massima attenzione nelle operazioni di carico del greggio dai terminali della Siot di San Dorligo. La tank farm già obiettivo di un attentato, nell'agosto 1972, da parte dell’ organizzazione terroristica di Settembre Nero, viene infatti considerata insieme alla base Usaf di Aviano l’obiettivo maggiormente a rischio nella nostra regione. Allora la Siot aveva poco più di una ventina di serbatoi (cinque dei quali presero fuoco) rispetto agli attuali 32. Attualmente per l’oleodotto passano non meno di 50 milioni di tonnellate di oro nero che viene in gran parte estratto in Paesi islamici. I tubi si diramano verso Karlsruhe in Germania, Linov nella Repubblica Ceca e Schwechatin in Austria.

«In questi controlli - ha spiegato il prefetto - non c'è nulla di più specifico che il rafforzamento degli obiettivi sensibili». Ma basta fare un giro per la città per accorgersi che il controllo da parte delle forze dell'ordine è sensibilmente aumentato. A farlo notare sono piccoli particolari come lo stazionamento di auto «civetta» e di poliziotti in borghese davanti alle sedi istituzionali, alla sinagoga in via San Francesco e ai consolati. Anche alle scuole ebraiche e alle sedi dei mezzi di informazione.

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