Mille in fila tra commenti amari e occhi gonfi

Ormai la rassegnazione prevale sulla speranza: se anche filasse tutto liscio, in tanti sono preparati a rimetterci almeno qualcosa. Ieri tuttavia, per una robusta rappresentanza di soci prestatori, titolari dei 17mila libretti Coop messi di fatto sotto vetro dal commissariamento giudiziario dello scorso ottobre, l’importante era partecipare. Esserci. Pur sapendo di essere destinati a perdere. Perdere una parte dei loro soldi. Ma più che uno spirito decoubertiniano, ciò che ha portato un migliaio di triestini al PalaRubini per l’adunanza dei creditori, chiamati ad avvallare o meno la proposta di concordato preventivo anti-fallimento, è stata la voglia di vedere, sentire, toccare quasi le persone - commissari, magistrati e periti - che hanno in mano al momento il destino dei loro risparmi.
Che l’adunanza fosse vissuta come un autentico evento cittadino di portata popolare - benché si sapesse in anticipo che non sarebbe stato neppure il momento della verità visto che la legge fallimentare dà ancora venti giorni per votare “sì” o “no” al piano concordatario - lo si è capito anche prima delle dieci, orario in cui era fissato l’inizio teorico dell’assemblea. Una marea di macchine già riempiva le aree di sosta ai bordi di via Flavia, ricordando scene di ordinario traffico a ridosso di grandi appuntamenti sportivi proprio al PalaTrieste o al vicino stadio Rocco. Ciò che non si era però mai visto prima, invece, era un simile serpentone umano in attesa di poter entrare al palazzetto. Roba da duecento metri, dall’imbocco laterale del palasport in via Miani fino all’incrocio con la stessa via Flavia. L’orologio segnava a quel punto le dieci, ma l’adunanza si sarebbe aperta soltanto un’ora e 40 più tardi, nel momento in cui tutte quelle persone sarebbero state accolte. Ben 18 erano i varchi in cui gli impiegati della contabilità delle Operaie (quelli che rischiano il posto più di altri e che poi Consoli ha voluto personalmente ringraziare per il lavoro fatto al PalaRubini) avevano ricevuto fin dalle 9.20 il compito di registrare nome e cognome di chi chiedeva di entrare, non prima però di averne verificato il diritto a farlo, e di aver annotato pure le generalità dei 438 che si erano astenuti dal presentarsi però s’erano fatti delegare. La partecipazione, in effetti, era limitata - altrettanto per legge - ai soli creditori.
Il serpentone, a vederlo, era lo specchio di Trieste. Gli anziani prevalevano sui giovani. Pochi occhi iniettati di rabbia, e molti sguardi spaesati, a tradire insicurezza, a cercare una smorfia, una battuta di condivisione del mal comune. Di “vip” o di gente spudoratamente benestante neanche l’ombra. La Trieste dei piccoli e piccolissimi risparmiatori, e per giunta con i risparmi inutilizzabili. E a proposito di ombra che non c’era: davanti a una fila del genere, e sotto il primo sole cocente della bella stagione, a friggere i cervelli, ci si poteva pure attendere che qualcuno potesse uscire dalle righe, che iniziassero a partire urla, fischi. E invece niente di tutto questo.
Una lezione asburgica data idealmente ai “responsabili” della situazione, come venivano chiamati in mezzo al serpentone gli ex amministratori. “Noi semo qua. E lori, dove i xè?”, “Ecco dove che xè andada a finir la nostra fiducia”, “Se trova tanti sempi come noi che ghe casca”. Tra sorrisi e battute a esorcizzare l’amarezza qualcuno se ne restava in silenzio. Come un nonno sui settanta, gli occhi gonfi impegnati a ricacciare indietro le lacrime. Ci ha pensato sua moglie ad abbracciarlo, senza dire una parola, un bacio sulla guancia e uno sguardo di complicità. Alle dieci e mezza, mentre il serpentone si accorciava, la fila ribolliva di caldo. Sono iniziati così ad arrivare i “nostri”, con le scorte di bottigliette d’acqua. Priorità ovviamente agli anziani. Bottigliette portate fin lì su un furgonicino Coop. La fiancata del mezzo recitava una datata pubblicità che invitava i consumatori a farsi la tesserina azzurra delle Operaie. “Diamoci del blu. Mondo soci, cerchi il blu, trovi un mondo”.(pi.ra.)
Riproduzione riservata © Il Piccolo