Milkovich lancia l’allarme «L’ailanto distrugge la flora»

PROSECCO Sta colonizzando boschi, terreni e giardini privati di tutta la provincia. Riesce a insediarsi con facilità in terreni incolti o degradati e rilascia tossine che invitano la concorrenza...

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Sta colonizzando boschi, terreni e giardini privati di tutta la provincia. Riesce a insediarsi con facilità in terreni incolti o degradati e rilascia tossine che invitano la concorrenza vegetale e animale a darsela a gambe. Contro l’Ailanto, paradossalmente conosciuto anche con il nome di “albero del paradiso”, non c’è rimedio, se non l’uso di diserbanti specifici e sistemici. Preoccupato per la sua estesa diffusione, in aumento esponenziale negli ultimi anni, il presidente della circoscrizione di Altipiano Est Marco Milkovich lancia un appello a ambientalisti, agricoltori, protezione civile e cultori della vita nei boschi e all’aria aperta. «L’ailanto è ormai dappertutto – sostiene Milkovich – capace di riprodursi anche nelle aree più difficili, invadente a danno delle altre piante, quasi indistruttibile perché sempre pronto a rispuntare anche dopo un taglio radicale. Dobbiamo tentare al più presto una strategia per toglierlo di mezzo prima che si insinui anche nelle aree verdi più protette». Che l’ailanto sia un problema non solo provinciale o regionale, è cosa ormai ben nota. Resistente alla siccità, è dotato di un apparato radicale esteso che va a carpire l’acqua ove esiste. Proviene dall’estremo oriente ed è stato introdotto nelle nostre zone in sostituzione del gelso per dar vita all’allevamento del baco da seta. «Produce tanta semente – spiega il naturalista Nicola Bressi – si adatta a suoli poveri e in terreni disturbati e smossi. In qualche modo – continua Bressi – l’ailanto trova nel cinghiale un potente alleato, visto che quest’ultimo, con il suo grifo, riesce a dissodare prati e scarpate favorendone in questo modo la crescita. E’ un albero dalle foglie amare, dal legno di pessima qualità, dal cattivo profumo, che scarica nel terreno delle tossine che avviliscono le altre piante e gli animali». Per questa ragione la stessa Regione Autonoma, attraverso l’art. 64 contenuto nella Legge 17 del 2010, ha dichiarato l’Ailanto – assieme al Senecio imaequidens e all’Ambrosia artemisiifolia – pianta infestante da estirpare senza controindicazioni. «Purtroppo a tale scopo vengono destinate delle cifre irrisorie – sostiene Milkovich – mentre l’Ailanto resiste a tagli e estirpi. Per tale ragione ritengo che l’unica soluzione sia l’utilizzo di diserbanti. Con piccole somme si potrebbe iniziare a inoculare il diserbante, iniziando così una lotta radicale contro questa pianta invasiva”. «Ci troviamo di fronte a un vera “macchina da guerra” naturale – interviene il prof. Livio Poldini, professore emerito dell’ateneo triestino nel Dipartimento di Scienze della vita. Il comportamento dell’Ailanto sfugge a ogni controllo, e crea dei boschetti monospecifici che animali e piante disertano a causa delle tossine prodotte. Unico aspetto positivo, dai suoi fiori si produce un miele discreto. Troppo poco – secondo Poldini – per giustificarne la presenza. Rimedi? Questa pianta va estirpata quando è giovane. Con il diserbante i risultati sarebbero certo ottimi, ma deve essere somministrato con cautela e da personale competente, per non rischiarne la dispersione nel suolo. Altrimenti si rischia un grave effetto “boomerang”.

Maurizio Lozei

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