Migranti verso lo sgombero, c’è chi già lascia il Silos di Trieste. E intanto si prepara Campo Sacro
TRIESTE Rashid si copre il volto con una mano per nascondersi dall’obiettivo. «No pics, please», chiede il migrante afghano con inglese incerto, rannicchiandosi nella maglietta bianca impregnata di sudore. «No pics». «Niente fotografie», chiede ancora. Il minimo della privacy concessa per lavarsi con l’acqua piovana raccolta in una bottiglia di Coca Cola, inumidire lo spazzolino da denti, lisciarsi i pantaloni macchiati di urina, pulire i piedi dalle crosticine infiammate per i tanti morsi dei «rats», dei ratti. Rashid usa metà dell’acqua per lavarsi, metà per dissetarsi, ripone la plastica nella tenda. «Mi preparo per partire», dice, indicando le ferrovie dietro al Silos.
Police is coming
I volontari e le associazioni che si occupano di accoglienza li hanno avvisati con l’aiuto di interpreti. «Police is coming», ripete anche Rashid. Entro questa settimana, questione di giorni, militari e poliziotti entreranno nel capannone abbandonato e procederanno con lo sgombero. All’alba le forze dell’ordine scorteranno i migranti nei bagni chimici ordinati dal Comune, per poi caricarli sulle corriere e portarli «lontano, via di qui».
Rashid, che è scappato dai «taliban» e poi dalle angherie della polizia di frontiera nell’Est Europa, nascondendosi nelle intercapedini dei minivan o camminando scalzo, non sarà lì ad aspettarli. Riposerà sulle panchine della stazione con altri richiedenti asilo e da lì prenderà il primo treno per «Paris, France». Andrà in Europa. «Mi preparo per partire», ripete.
Chi parte e chi resta
Alcuni migranti hanno iniziato a lasciare il Silos ormai da giorni, forse allarmati da quei cartelli affissi all’ingresso dei capannoni con riportata la delibera firmata dal sindaco per liberare l’immobile di proprietà di Coop Alleanza 3.0, da fonti «ottimista» nel poter chiudere le trattative di vendita in tempi brevi. «Io aspetto qui», dice invece Dawood Khan, pachistano di 22 anni arrivato a Trieste dopo aver camminato per due anni ed essere stato bastonato dalla polizia turca. «Mi hanno detto che dove ci portano avremo un tetto e da mangiare: è meglio che stare qui».
Campo Sacro, poi altrove
Il Silos sarà sgomberato a giorni e i richiedenti asilo trasferiti «lontano», ma non c’è documento che possa fermare il cammino dei migranti, tanto più d’estate, con il caldo che renderà meno insidiose le gole dei Balcani. I profughi che continueranno ad arrivare in città troveranno però un capannone sorvegliato da vigilanti e telecamere, e così saranno mandati in Carso, smistati temporaneamente a Campo Sacro in attesa di essere trasferiti altrove.
L’ex Ostello Scout passerà formalmente in concessione alla Prefettura dal primo di luglio, ma già ieri la giunta comunale ha deliberato – con provvedimento «immediatamente eseguibile» – la realizzazione del centro di accoglienza straordinaria a Campo Sacro, dove però i lavori per il rifacimento delle fognature non sono ancora terminati. «Né iniziati», denunciano le associazioni. «Mancano i letti, mancano i bagni», fanno sapere dall’Ics.
Operazione imminente
I dettagli sono al vaglio della Prefettura, dove fino a lunedì pomeriggio ci si è riuniti per discutere dell’imminente operazione. A sgombero avvenuto, i militari smantelleranno la tendopoli in cui si ammassano rifiuti, siringhe usate, fornelli da campeggio, lattine vuote, scarpe abbandonate, buste di plastica piene di escrementi abbandonate accanto ai teli in cui riposare e cuscini in cui fanno la tana ratti panciuti. «Look us», «Guardateci», è scritto sulle pareti diroccate. E poi: «Are we animals», «Siamo animali».
Miseria e fantasmi
Il capannone è popolato da miseria e fantasmi. Almeno cinquecento tende putride ma perlopiù inabitate, da cui si affacciano meno di un centinaio di ragazzi diffidenti: molti sono partiti, in treno come Rashid o a piedi, rifugiandosi nei boschi o sperando un passaggio in auto. Altri hanno traslocato nei vicini magazzini abbandonati del Porto Vecchio, divisi per provenienza.
«Troverò lavoro», promette Samsuddin, bengalese di appena diciott’anni, in spalla uno zainetto Eastpack rattoppato e in mano un biglietto del regionale sola andata per Mestre. «Lì c’è un mio amico: mi aiuterà», racconta prima di partire, stirandosi la maglietta con le dita e rassicurando l’amico di tenda, Raju May, anche bengalese. Lui invece rimarrà al Silos: dormirà ancora qualche notte tra i ratti in attesa dei militari, delle corriere che lo porteranno lontano. «Non so altro», dice Raju May. «Ma io non ho altro posto in cui andare».
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