Migranti, riapre la rotta dei Balcani: 300 al giorno in Serbia
ZAGABRIA. È durata appena ventiquattro ore la barriera che la Croazia ha costruito giovedì mattina sul ponte di Batina, al confine con la Serbia. Una barriera "anti-migranti" come quelle che spuntavano ad inizio anno in Austria, Slovenia e Macedonia, sull'esempio avanguardista dell'Ungheria. L'obiettivo dell'iniziativa - ha spiegato in un comunicato il governo di Zagabria - era quello di impedire l'attraversamento del Danubio da parte di diverse centinaia di migranti in marcia attraverso la Vojvodina (la regione settentrionale della Serbia confinante a Nord con l'Ungheria).
Un attraversamento che, almeno per il momento, non è avvenuto, riportando la calma in questo comune transfrontaliero di appena mille anime. Tuttavia, il ricorso alle reti metalliche e la sospensione del traffico stradale hanno riportato all'ordine del giorno la questione dei rifugiati, che dal marzo scorso - ovvero da quando la Macedonia, di concerto con i Paesi più a Nord, ha deciso il blocco del confine con la Grecia - sembrava un capitolo chiuso per la Croazia.
Sulla carta, la rotta dei Balcani è ufficialmente chiusa, ma nella realtà le cose sono ben diverse e un flusso costante di persone continua ad attraversare ogni giorno il Sud-Est europeo. A Belgrado, l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) stima un passaggio quotidiano di 300 persone in arrivo o dalla Macedonia (45%) o dalla Bulgaria (55%), mentre il numero di quelli che fanno tappa nella capitale serba, fermandosi per una notte o due come accadeva l'estate scorsa, ha già superato quota mille persone. Nel parco davanti alla stazione degli autobus, i profughi pazientano attorno al numero 15 di via Gavrilo Princip, dove i volontari del centro per migranti "Miksaliste" (demolito in aprile per far spazio al cantiere di "Belgrado sull'acqua") hanno aperto un nuovo "Info point", già in difficoltà per la mancanza di sostegno finanziario dal comune e per il numero crescente di rifugiati bisognosi di assistenza.
Nelle ultime settimane, avvertono i volontari, gli arrivi quotidiani sono stati più di 500. Troppi per questo gruppo di attivisti isolati che ha lanciato un appello: da luglio il "Miksaliste 2.0" potrebbe non essere più in grado di funzionare. Più a Nord, al confine con l'Ungheria, la situazione è la stessa. L'Unhcr conta più di 660 persone che ogni giorno aspettano di entrare nell'area Schengen, in condizioni ancora peggiori dell'estate scorsa. «Senza che un modus operandi di ammissioni e di attesa sia stato definito tra le autorità ungheresi e serbe, la situazione alla frontiera resta potenzialmente esplosiva, portando a frustrazione e a tensioni tra i richiedenti asilo e a troppi pericolosi attraversamenti illegali del confine», riporta la filiale belgradese dell'agenzia Onu.
Non stupisce, dunque, che di fronte al riemergere della rotta balcanica - più pericolosa, proprio perché informale - il governo croato stia correndo ai ripari.
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