Migranti: cento arrivi in Fvg. Il prefetto: 1800 non è più la quota massima

A Trieste 50 persone. Garufi: "Quelli fissati dalla Regione sono numeri da aggiornare". Torrenti: a oggi 1600 presenze
Un gruppo di profughi ospitati in regione in una foto di repertorio
Un gruppo di profughi ospitati in regione in una foto di repertorio

Prefetto, un’invasione? «No, ma la situazione è emergenziale. E bisogna riaggiustare il tiro». Francesca Adelaide Garufi, commissario del governo per il Fvg, aggiorna la conta: a Trieste, di richiedenti asilo, ne sono arrivati altri 53.

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Hanno fatto le fotosegnalazioni e sono stati dirottati nei luoghi di prima accoglienza: alcuni in hotel, qualche altro in un edificio di Prosecco. «Presenze transitorie», precisa Garufi. Ma le cose, ammette il prefetto, sono cambiate: quota 1.800, l’indicazione data dalla Regione, non può più essere considerato il tetto massimo. «La via sulla quale ci eravamo incamminati era quella di un’accoglienza diffusa in una situazione ordinaria», premette il commissario di governo. Ma adesso «siamo all’emergenza». Non un fulmine a ciel sereno, in realtà: «Le indicazioni ministeriali dello scorso anno, frutto dell’intesa della conferenza Stato-Regioni, non escludevano una simile svolta». E dunque, visto quello che si annuncia a Sud, «i numeri vanno aggiornati».

Prefettura di confine, quella Fvg. Su Pordenone, questione geografica, la pressione minore. Per questo, con un centinaio di nuovi arrivi, una cinquantina di persone è stata dirottata nella Destra Tagliamento.

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Le stesse che ieri (precisamente 47, somali ed eritrei arrivati in pullman da Reggio Calabria) hanno cercato la fuga dalla Questura del capoluogo della destra Tagliamento. Uno solo è riuscito a dileguarsi, gli altri sono stati riacciuffati dalla polizia. Sono in partenza per Piancavallo, dove verranno alloggiati in un hotel che ha chiuso dopo la stagione sciistica.
L’altra cinquantina è a Trieste. «In via provvisoria, poi verranno gestiti coi requisiti dell’assistenza standard sul territorio regionale», chiarisce Garufi. L’input del prefetto è quello di un riequilibrio: «Non ci possono essere province svantaggiate rispetto ad altre». Lo stesso criterio della distribuzione tra Regioni. Solo che nell’anno in cui la Lombardia ospita Expo, vuoi mica mandare a Milano o Brescia profughi in abbondanza? «C’è senz’altro un’esigenza di sicurezza in una regione che per molti mesi avrà la ricettività al completo», sottolinea Gianni Torrenti, l’assessore regionale in prima linea. E dunque, pure con questo problema (la Lombardia, vista la popolazione, assorbe non pochi rifugiati), non resta che attendere l’incontro del 21 aprile a Trieste con le quattro prefetture «per fare il punto e definire il piano di accoglienza».

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Profughi africani accolti in regione (Foto di archivio)

Al momento, aggiorna Torrenti, «siamo sopra le 1.600 presenze». Manca poco a 1.800, quello che pareva il limite non superabile e che è invece è diventato un paletto d’argilla. «Non possiamo non tenere conto di un incremento dei flussi – alza le braccia Garufi –. Ove fossero crescenti, verrà richiesto una sforzo aggiuntivo. A tutte le regioni, come al Fvg. E quella cifra non sarà più credibile». La quarantina di sindaci sin qui coinvolta nelle operazioni di accoglienza non basta dunque più. «Sono effettivamente pochini», dice il prefetto. Nell’attesa del 21 aprile anche Torrenti, pur con «molta preoccupazione», conferma che sì, ci si dovrà attrezzare per l’emergenza. «Senza allarmi – spegne il fuoco l’assessore –, ma prendiamo atto che il quadro sta mutando». Anche se «sarebbe stato più opportuno assorbire sul territorio questi nuovi arrivi dopo l'incontro» del 21, dice l’assessore che a quell’incontro ribadirà come «il Fvg si trova a dover gestire anche i flussi di profughi che ci giungono via terra». E il tetto dei 1.800? «Confrontandoci col resto d’Italia abbiamo ritenuto di aver fatto il nostro, ma è chiaro che se gli sbarchi si moltiplicano, i numeri saltano, non solo per noi». E dunque, rimarca Torrenti, i sindaci dovranno dividere lo sforzo: «Il vero problema è quanta capacità abbiamo di mettere a disposizione posti letto. Se la sapremo dimostrare ad ampio raggio non ci accorgeremo nemmeno di un eventuale aumento delle presenze». Si tratta dunque «di motivare i Comuni, soprattutto quelli che non si sono sin qui posti il problema, a dare una risposta innanzitutto ai 1.800, ma anche di prepararci assieme nel caso in cui si superi quella quota». Perché piccoli posti di accoglienza, conclude Torrenti, «sono l’unica via per non creare disagi al sistema sanitario e sociale». Oltre che l’alternativa a una struttura di grande dimensioni: «Non vorremmo che si aprisse né in Friuli Venezia Giulia né da altre parti».
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