Mette incinta la baby fidanzata, patteggia 18 mesi

Protagonista della violenza un trentenne che aveva iniziato la relazione quando lei era quattordicenne

TRIESTE Lei è una ragazza che adesso non ha ancora sedici anni. Nel 2013 se n’era andata da casa per mettersi con un uomo che adesso ha trent’anni. Due anni fa è rimasta incinta del suo fidanzato e poi ha abortito volontariamente.

L’uomo, il fidanzato - del quale non riportiamo le generalità per impedire che, seppur indirettamente, la vittima venga riconosciuta -, ieri ha patteggiato la pena di un anno e sei mesi di reclusione. La sentenza è stata pronunciata dal gip Giorgio Nicoli che ha ratificato l’accordo definito tra il pm Pietro Montrone e il difensore, l’avvocato Rossana Nurra.

La vicenda - sconcertante per l’età della vittima, poco più di una bambina - era ufficialmente trapelata da un fittissimo riserbo nel mese di settembre del 2014, quando la madre della ragazza si era rivolta ai carabinieri ai quali aveva sporto querela raccontando di quella storia di una bambina che se n’era andata da casa. Ma, dalle fonti di prova indicate dal pm, emerge che ben prima il rapporto tra la ragazzina e l’uomo che ha quasi il doppio della sua età, era stato oggetto di approfondite testimonianze da parte della ex convivente che aveva riferito agli investigatori alcuni particolari di quella storia definita strana con la ragazzina. E così aveva anche fatto un conoscente dell’uomo che per un lungo periodo aveva abitato con lui. La conferma di quello che era accaduto è poi arrivata da una ginecologa dell’ospedale Burlo Garofolo alla quale la ragazza si era rivolta quando aveva scoperto di essere incinta.

Poi i carabinieri hanno acquisito altri elementi indiziari fino appunto a ipotizzare una specifica responsabilità da parte del cosiddetto fidanzato. Reato: atti sessuali con una minorenne.

Tra le prove acquisite dagli investigatori ci sono anche le stampate dei messaggi whatsapp catturati dai telefonini della ragazzina e del fidanzato. E alla fine il cerchio si è chiuso. Il pm Pietro Montrone ha chiesto il rinvio a giudizio dell’uomo. Che poi, come detto, ha scelto di definire la propria responsabilità penale chiedendo di patteggiare la pena. Di fatto ammettendo la propria colpa.

Secondo il codice, l’età in cui una persona è ritenuta capace di acconsentire consapevolmente ad avere rapporti sessuali è definita “età del consenso”. In Italia questa età è fissata a 14 anni, ma essa sale a 16 anni per particolari tipi di rapporti. Ad esempio, se il partner è una persona che potrebbe avere un particolare ascendente sul minorenne, come un insegnante, un genitore adottivo, un educatore, la legge chiede che l’età del consenso salga in questi casi ai 16 anni.

Qualsiasi atto sessuale compiutosi con una persona di minore età rispetto a quella prevista è considerato reato, anche se il minore fosse consenziente, ed è perseguibile penalmente d’ufficio. L’età minore di dieci anni poi costituisce un’aggravante, e anche in questo caso si procede d’ufficio, senza il bisogno di una querela.

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