Metà del cibo prodotto finisce nella spazzatura

Le cattive abitudini di tante persone causano uno spreco che sta diventando una vera emergenza

Metà del cibo che viene prodotto nel mondo finisce nella spazzatura. Ed è in gran parte commestibile. La causa sono le cattive abitudini di migliaia di persone e i limiti imposti dalle aziende. Buona parte della colpa è anche delle etichette sugli alimenti, che indicano date di scadenza troppo rigide e troppo rigidamente rispettate dai consumatori - infatti - circa un terzo del cibo viene scartato prima della data di scadenza. E così, se tutt'oggi miliardi di tonnellate di alimenti vengono gettate nella spazzatura, c'è anche un miliardo di persone al mondo che non può accedere a risorse alimentari sufficienti. Dopo lo spreco del cibo c'è quello, ancora peggiore, dell'acqua.

In Italia, comunque, sono molte le persone che dicono no allo spreco alimentare. Tra il dire ed il fare c'è tanta strada, però, se è vero che il 30% della spesa degli italiani finisce dalla dispensa alla spazzatura.

È evidente che lo spreco alimentare è una vera e propria emergenza che viene presa spesso sotto gamba ed ha costi smisurati.

Soltanto negli ultimi anni questo problema è stato analizzato più attentamente e sono state cercate delle soluzioni. Il cibo viene sprecato a qualsiasi stadio della catena alimentare, perciò la riduzione dello spreco va cercata anche nel comportamento dei consumatori. In tutta Europa ci sono oltre cento iniziative per ridurre l'accumulo di scarto alimentare. Le strategie comprendono l'aumento di consapevolezza attraverso campagne, informazioni, istruzione, misurazione dello spreco e miglioramento della logistica. Queste iniziative però sono nate da poco e non hanno ancora portato grandi risultati. Un approccio consiste nell'esercitare le abitudini di minimizzazione dello spreco attraverso classi di cucina, ad esempio la Bruxelles Environnement ha istruito 1000 persone in un anno. Il Parlamento Europeo ha raccomandato che questa pratica venga inserito nei curricula scolastici.

Il Parlamento Europeo ha inoltre suggerito l'utilizzo di un'etichettatura con doppia data per includere sia le date "vendere entro" (così da aiutare i grossisti ad evitare di vendere i prodotti che stanno raggiungendo la loro data di scadenza) sia la "data di scadenza". Per fare questo, però, è importante che il consumatore abbia capito la terminologia.

La legislazione corrente sulla fornitura di informazioni alimentari ai consumatori riserva la data di scadenza per gli alimenti altamente deperibili. Dopo questa data vengono considerati insicuri (indicatori di sicurezza). La data "preferibilmente entro" si riferisce ad una durata minima, dopo la quale il produttore avverte che le qualità sensoriali (gusto, consistenza e così via) potrebbero essere alterate. Oltre questa data, però, è improbabile che l'alimento causi danni al consumatore. Alcune ricerche per la sicurezza alimentare - ad esempio la Fsai - dicono che molti consumatori non hanno problemi a mangiare cibo che ha superato la data di scadenza. Come afferma la Fao, «c'è la necessità di trovare un utilizzo benefico e giusto per gli alimenti sicuri che sono al momento gettati via». L'industria alimentare, i venditori e i consumatori devono essere consapevoli e agire in modo da ridurre gli sprechi. Poche semplici misure non saranno positive solo per i nostri portafogli, ma avranno anche benefici globali.

Beatrice Agostini

III A Liceo Classico

“Dante Alighieri”

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