Mercalli: «Il surriscaldamento del pianeta favorisce i roghi: era tutto previsto»
TRIESTE «Dipende da noi. Perché era tutto previsto». Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana, si trova in Alta Valle di Susa, «dove ci sono 25 gradi anziché i 37 della pianura». “Salire in montagna”, non a caso, è il titolo di un suo libro: una strategia per sfuggire al riscaldamento globale. La causa di quanto sta succedendo in questi giorni in Carso e in Friuli, ma anche in tante altre parti del pianeta.
Mercalli, gli incendi non sorprendono?
«La comunità scientifica del clima sa bene che più fa caldo, meno piove e più i boschi sono vulnerabili. Accade ovunque: anni fa toccò alla California, all’Australia, alla Grecia, oggi il problema è pure italiano».
Lo si può prevenire?
«Si può sempre cercare di essere prudenti, perché dolo e colpa incidono, ma in questo scenario climatico una falla c’è sempre. Con queste temperature e con questa siccità, il fuoco è in agguato. Se non c’è acqua, l’incendio va avanti finché non finisce il combustibile».
Siamo all’interno del cambiamento climatico?
«Non c’è alcun dubbio. Le alluvioni sono un processo secondario: il clima favorisce piogge violente. Ma l’aumento della temperatura è proprio il sintomo del riscaldamento globale».
I primi modelli di simulazione delle temperature all’insù sono degli anni Sessanta. Il cambiamento è avvenuto più in fretta di quanto ci si aspettasse?
«Gli scenari climatici non sono mai fatti di un’unica traiettoria. Ci stiamo collocando tra le possibilità più sfavorevoli. Non è una sorpresa, poteva accadere».
Anche che ci fossero 40 gradi a Londra?
«Il fenomeno è globale. Il Guardian da anni ha una sezione clima-ambiente che è un bombardamento quotidiano di notizie su questo tema».
Ci si deve abituare?
«Meglio parlare di convivenza che di abitudine. Di sicuro si deve intervenire per evitare innanzitutto un ulteriore peggioramento. È tutto scritto nell’Accordo di Parigi: smettere di inquinare per evitare un aumento di 5 gradi a fine secolo».
Si aspetta che l’avvertimento verrà ascoltato?
«Da come va il mondo in questi giorni, mi aspetto che andremo contro il muro a schiantarci. Vedo la mancanza totale di interesse e impegno per questi problemi. Sembra che ci siano solo guerra, economia, scaramucce di potere tra bande tribali di politici. Non solo in Italia, sia chiaro».
Ha qualche speranza che il tema entri nei programmi elettorali?
«Non ne vedo le premesse. In nessuno Paese si votano maggioranze ambientaliste. La Germania, dove quei partiti raggiungono il 10-15%, è considerata super avanzata da questo punto di vista».
Quanto in ritardo siamo?
«Non abbiamo un tempo infinito per decidere. Tra pochi anni la malattia sarà terminale, non potremo nemmeno evitare il peggioramento. L’Accordo di Parigi prevede emissioni zero nel mondo nel 2050, ma già nel 2030 si deve scendere del 55% in Europa. La gente però non sa nemmeno qual è il dato di partenza: il 55% va tolto per un italiano a partire da 7mila kg di CO2 all’anno. L’ottimismo non deve mancare, ma, se non abbiamo nemmeno iniziato a parlarne, pare complicato farcela in sette anni e mezzo».
E se al 2030 non ce l’abbiamo fatta?
«Ci attrezzeremo per resistere. Io sono a 1650 metri di quota».
Perché alcuni esperti negano il cambiamento climatico?
«Ai negazionisti che straparlano risponderei con il sapere di Filippo Giorgi, un’eccellenza a Trieste. Ci sono innanzitutto motivi psicologi: si preferisce ignorare invece che affrontare un grosso problema. Poi ci sono motivi ideologici: la politica non vede di buon occhio un cambiamento della legislazione a favore dell’ambiente. E poi economici: una virata netta dall’energia fossile a quella rinnovabile cambia la distribuzione del denaro nel mondo».
Farà caldo ancora a lungo?
«Le previsioni su scala stagionale, per quanto non precise come quelle sull’arco settimanale, ci dicono purtroppo che il resto dell’estate sarà più caldo e asciutto della media».
Le piogge?
«I temporali, anche forti, ci potranno essere. Ma la tendenza è un’altra».
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