Mensa, la Casta mangia sano. E biologico
di Gianpaolo Sarti
TRIESTE
Sì, c’è anche il brindisi. Con Prosecco ma, attenzione, un bicchiere a persona che non si sa mai. E gli stuzzichini, ma quelli sono “a volontà”. E che dire delle patatine e i salatini, anche questi “a volontà”. L’olivetta nel drink, perché no? Magari da accompagnare ai “panini mignon imbottiti con prosciutto crudo San Daniele”. Oppure alle “tartine assortite con burro e salmone, o petto d’oca”. Già, petto d’oca. Benvenuti in Consiglio regionale, piazza Oberdan 6. Chi viene da fuori e, diamine, non sa dov’è il Palazzo, potrà farsi guidare dal naso. Meglio se a ora di pranzo: si serviranno piatti biologici e, una volta la settimana, roba friulana. I consiglieri, che per mangiare a prezzi inferiori alla media dei normali ristoranti, ricevono un forfait di 35 euro al giorno, si trattano bene. Decisamente bene. E così anche assessori, presidenti e dipendenti dell’amministrazione. Ospiti, visitatori e giornalisti, di certo non disprezzano. C’è n’è per tutti i gusti nella nuova gara d’appalto per la concessione del servizio di ristorazione. Gli attuali fornitori, con contratto in scadenza, potrebbero essere sostituiti qualora si facessero avanti imprese in grado di offrire per i prossimi tre anni, con possibilità di rinegoziazione per altri due, «un’ottima qualità e prodotti di prima scelta» a prezzo più vantaggioso. Pagando però, stavolta, anche i consumi di acqua, gas ed energia elettrica: il consiglio taglia le spese e impone, inoltre, un canone per la gestione del servizio; in caso di ritardo scatta la revoca della concessione. La graduatoria, in fase di apertura delle buste fissata alle ore 13 del prossimo 20 gennaio, sarà formulata in base al punteggio raggiunto dai partecipanti. Punteggio che, per i prossimi anni, terrà conto di una serie di succulente variabili. Eccole. La disponibilità a cucinare «esclusivamente» prodotti biologici o tipici, innanzitutto. Cioè doc, dop e igp o «da agricoltura integrata». Oppure dietetici, si tiene a precisare. O, ancora, «piatti tradizionali almeno una volta la settimana». Pietanze che, altolà, non possono essere né precotte o preconfezionate, né preparate da chiunque, bensì da cuochi di terzo livello a tempo pieno, rimbrotta l’articolo 10 al punto 1. Il che starebbe a significare, fanno notare nei corridoi di piazza Oberdan, chef da 3 mila euro al mese. Con tanto di pancia, cappello e baffetti all’insù come nei cartoni animati? Il menù, peraltro, non è roba da due spaghi al sugo e via: 3 primi, 3 secondi, 3 contorni, 2 frutti di stagione e 2 dessert. A scelta, naturalmente. C’è dell’altro: i rinfreschi delle grandi occasioni, anche questi concorrono al punteggio finale. Le tavole dovranno essere apparecchiate con «panini mignon imbottiti con prosciutto crudo San Daniele o altri prodotti tipici regionali». Oppure tartine assortite con mozzarella o verdure fresche. Ma possono andar bene anche tonno, gamberetti, funghi o salmone, pizzette margherita o farcite con peperoni, melanzane e zucchine alla griglia. C’è spazio anche per gli stuzzichini: «patatine e salatini a volontà». Il servizio caffetteria, inoltre, dovrà dare garanzie anche in termini di orario. «Il concomitanza col protrarsi dei lavori consiliari oltre le 18 – si legge nel testo – il funzionamento del bar dovrà essere garantito, senza obbligo di preavviso e su espressa richiesta del Consiglio, fino a mezz’ora dopo il termine dei lavori stessi». Anche di notte, quando si discute di Finanziaria. Il documento non va alla leggera nemmeno sui dipendenti: «Il personale impiegato dovrà mantenere in ogni circostanza un comportamento irreprensibile nei riguardi degli utenti. Il Consiglio potrà richiedere l’immediato allontanamento di chi abbia tenuto un comportamento oltraggioso o indecoroso nei confronti degli utenti o comunque tale da costituire pregiudizio all’immagine, al nome e al prestigio dell’istituzione». Ma attenzione, il ristorantino di piazza Oberdan non è aperto a tutti: le imprese che intendono farsi carico dei raffinati palati dei consiglieri devono dichiarare «l’avvenuta esecuzione, con buon esito, di un servizio di ristorazione presso una pubblica amministrazione, per almeno due anni consecutivi». Roba sicura, insomma, adatta a gourmet della politica.
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