Meno vino in Fvg. Ma cresce la qualità

GORIZIA. Il 2017 che sta volgendo al termine registra due dati importanti, quello parzialmente negativo della vendemmia e quello positivo delle vendite. Il primo è diffuso in tutta la Penisola, anche se il calo quantitativo è controbilanciato da una qualità maggiore. Il Collio, ad esempio, in cui il calo della produzione è del 15% circa rispetto al 2016, dimostra quanto un territorio vocato alla coltivazione della vite possa restituire frutti di ottima qualità, superando le incertezze legate alla stagione.
«L’annata 2017 si può definire buona, soprattutto per i vini ottenuti dalle uve a maturazione precoce - dichiara il presidente Robert Princic -, dimostrando che le caratteristiche pedoclimatiche del nostro territorio permettono ai produttori di esprimersi comunque con vini di eccellenza». Sull’altro versante è di pochi giorni fa la notizia (Nomisma Wine monitor) che l’aumento dell’export vitivinicolo regionale ha superato il 55% per cento negli ultimi anni, risultando il miglior dato nazionale. E che per quanto riguarda i vini bianchi, il Friuli Venezia Giulia è di gran lunga il più presente nelle carte dei ristoranti italiani.
La conferma ci viene da Roberto Felluga, referente vinicolo per Confagricoltura regionale: «La minor produzione è dovuta in particolare alla gelata di fine aprile, ma le ripercussioni sono state contenute. Per quanto riguarda il mercato, l’annata ha avuto una leggera crescita. Personalmente le soddisfazioni sono venute dal mercato interno e anche dalle nuove frontiere, come il Sud America ed il Far East: Taiwan, Singapore e Giappone. Qui, però, si avverte la mancanza strutturale del sistema Italia, dove invece c’è emigrazione italiana è più facile vendere i nostri prodotti. Sui mercati internazionali il Pinot grigio la fa da padrone - continua Felluga -, ma c’è sempre più richiesta di Sauvignon, perché quello che facciamo in regione compete bene con altri Sauvignon del mondo. Soddisfazione ci da la Ribolla, in particolare sul mercato interno, mentre il Friulano è in calo, da quando ha perso il nome Tocai». Le cantine cooperative producono il 60% di tutto il vino italiano e dati importanti arrivano dalla Cantina Produttori Cormòns, i cui vini spaziano dal Collio all’Isonzo e ai Colli Orientali. Il direttore generale Andrea Russo: «Abbiamo registrato un aumento medio del 6%, con picchi del più 15% nella gdo, e i nostri punti vendita vanno a gonfie vele, tanto da farci pensare a nuove aperture. La rete commerciale mantiene le posizioni e alcuni prodotti sono in crescita esponenziale, una tendenza che sarà ancora più forte nel 2018, grazie al rebranding aziendale e al rafforzamento dell’export. Noi stiamo puntando molto sulla Ribolla gialla, varietà che è poliedrica e vincente».
Fra gli esiti del report di Nomisma emerge proprio che la Ribolla è il vino che nell’ultimo anno ha segnato il maggior incremento nella grande distribuzione italiana, con un +31% ed è tra i vini che nei consumatori evocano il Friuli Venezia Giulia. Su questo tema è Marko Primosic, portavoce dei produttori di Oslavia, ad illustrare l’andamento registrato nelle vendite. «La Ribolla gialla è molto sentita sul mercato nazionale, in particolare presso il pubblico giovane (i cosiddetti “Millenials”) nelle varie forme, molto anche nella versione “orange” ed un pensiero va al compianto Radikon. Pochi sono i wine bar nazionali di tendenza che non abbiano una proposta a calice di Ribolla, dalla spumante alla macerata. L’aumento sul mercato italiano è a due cifre da anni e riguarda tutte e tre le forme, oltre che in numero anche nel valore della bottiglia. Constatiamo anche un aumento delle visite degli enoturisti che vogliono saperne di più del vitigno». La Ribolla "orange" è presente in modo rilevante in alcuni mercati esteri, ma piace ad una nuova categoria di consumatori, che seguono una ristorazione ben precisa legata al mondo bio. «Grazie alla bora, Oslavia non ha avuto alcun problema con le gelate, che sono state la prima causa dei cali di produzione. Per la qualità - conclude Primosic - ne riparliamo tra 3-5 anni, che sono i tempi della Ribolla di Oslavia, i presupposti non sono male, dipenderà da come evolve la buccia».
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