«Meno primari in Friuli Venezia Giulia? Più medici e infermieri»
TRIESTE. Nulla da obiettare, in linea di principio, sul taglio anti-doppioni di 80 posti da primario in tre anni. Purché, però, i servizi erogati in Friuli Venezia Giulia non ne risentano e a condizione che, in questo senso, si investa in figure professionali quali operatori sanitari e infermieri. È il pensiero condiviso che esce dal fronte sindacale.
Un messaggio alla Regione e all’assessore alla Salute, Maria Sandra Telesca. «La richiesta del taglio dei doppioni - osserva Franco Belci, segretario regionale della Cgil - è partita da noi sin dall’inizio del percorso di riforma. Arriva in effetti un po’ in ritardo ma il giudizio è positivo. In piedi abbiamo un tavolo di confronto con Telesca, che si chiuderà in ottobre. Il primo obiettivo era proprio quello di ridurre il numero di primari». Il passo successivo, continua Belci, è di «concludere per quanto riguarda il fabbisogno di personale, recuperando ciò che si può proprio grazie all’eliminazione dei doppioni e vedendo quante persone assumere. Di certo manca personale. A meno di primari con funzioni duplicate si può fare, a meno degli infermieri no».
Una posizione che nella sostanza vede la convergenza anche della Cisl, per voce del suo segretario della Funzione pubblica, Massimo Bevilacqua: «Siamo sempre stati favorevoli all’eliminazione dei doppioni fra i primari - premette -, l’avevamo chiesto come Cisl-Fp. Era uno degli aspetti che la Regione aveva lasciato indietro all’uscita della riforma. Siamo a favore purché, naturalmente, non si vada a compromettere così il servizio al malato».
Ricordando peraltro come di quegli 80 posti prossimi all’eliminazione, la metà già non sia coperta, Bevilacqua invia un messaggio chiaro alla giunta Serracchiani: «È evidente che se questa manovra libera risorse, queste vanno impiegate per assunzioni di operatori sociosanitari e infermieri, che in effetti mancano. Fra l’altro - conclude - in regione verranno organizzati due concorsi entro il 2015». La delibera di indirizzo approvata dall’esecutivo regionale prevede un passaggio dal totale attuale di 288 strutture complesse tra ospedali e università in Fvg a 208 nel giro di un triennio.
«Il problema non è il taglio dei primari - osserva Luca Tracanelli della Uil -, ma fornire prestazioni e servizi in maniera idonea. E avere le risorse, di personale e di strumenti, per garantirli. Bisognerà intervenire sui modelli organizzativi. Noi diciamo sempre che i cambiamenti sono una cosa normale ma è necessario farli con i piedi di piombo. Siamo aperti - conclude - alla discussione, stiamo a vedere».
In ambito sanitario, il commissario dell’Azienda per l’assistenza sanitaria n.1 Triestina e degli Ospedali riuniti del capoluogo regionale, Nicola Delli Quadri non si scompone: «Trieste ha già dato rispetto ad altre realtà del Fvg, ritengo che avremo pochi aggiustamenti. L’impianto complessivo ospedaliero non subirà grandi cambiamenti. La realtà che dovrà adeguarsi di più - chiude il manager - è Udine».
La discussione tiene banco pure a livello politico. «Non credo si sbagliato eliminare i doppioni - esordisce il capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, Riccardo Riccardi - ma bisogna parlare di ciò che sta dietro al primario. Io contesto l’impostazione della riforma e l’effetto che produce complessivamente. I nodi vengono al pettine. Non ho mai visto in questa regione - evidenzia il forzista - una sofferenza come ora: medici in sciopero, infermieri che si arrabbiano e ore di attesa al Pronto soccorso».
Dall’altra parte della barricata, il Pd, che con Franco Rotelli assicura pieno sostegno a Telesca: «Si tratta di un percorso segnato dalla legge nazionale e dal ministero. Il taglio dei primari è un obiettivo di medio periodo, viene usata tutta la cautela necessaria. Per i cittadini - aggiunge Rotelli - i servizi miglioreranno: nel momento in cui accorpi le strutture, la casistica affrontata aumenta e quindi le competenze e la capacità di far fronte alle emergenze anche». Il consigliere democrat ricorda infine come la riforma muova nel complesso nella direzione di «rinforzare gradualmente il territorio e nel contempo di organizzare meglio l’ospedale».
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