Meno freddo e più crisi La pellicciaia si arrende

Dopo 30 anni giù la serranda alla Rotonda del Boschetto del negozio Terragnolo Sul crollo delle vendite ha inciso anche la crescente presa delle battaglie animaliste
Di Benedetta Moro

Prima Imperia, poi Manuela e infine il signor Nessuno. A continuare la tradizione della pellicciaia in via Raffaello Sanzio il prossimo anno un fantasma: la pellicceria Imperia chiude. Il vento freddo che soffiava da Est, quella Bora scura che obbligava il Comune a mettere in giro per la città le corde per tenersi e non volare via, non c'è più. E se a qualcuno dava fastidio quel freddo pungente tipico triestino, alle pelliccerie invece faceva comodo perché si vendevano visoni, zibellini e cincillà. Soprattutto alle signore che volevano rimanere avvolte in un caldo unico e chic. Le campagne animaliste e le pellicce ecologiche, la crisi, aggiunta alle esose tasse che incitano gli italiani a mollare la presa, tutti questi motivi messi assieme hanno spinto Manuela Terragnolo, 53 anni, titolare della pellicceria Imperia, a chiudere la bottega dopo trent'anni di attività. Ma da quanto dicono Manuela e Imperia Menis, madre e figlia, in città la generazione degli anni '50-'60 sarà l'ultima a saper fare questo mestiere, perché di nuove leve disposte a cucire e maneggiare pezzi di pelo non se ne trovano. «Siamo costrette a malincuore a chiudere - spiega Manuela - a causa della recessione e delle spese ormai insostenibili per una realtà piccola come la nostra, complici anche le temperature che da molti anni non raggiungo più i livelli dei gelidi inverni di un tempo, dove l'odierno piumino non sarebbe servito a molto».

Il nuovo business sono le riparazioni. «Le ragazzine portano le vecchie pellicce delle nonne - racconta Manuela - che sono rimaste per tanto tempo negli armadi di qualche soffitta con le foglie di alloro e le palline di pepe nelle tasche per scongiurare le termiti. È con questo odore di storia antica, di affetto e naftalina che arrivano giovani nipoti a cui con mille euro riportiamo i capi in una veste completamente diversa». Era un vero e proprio status un tempo avere la pelliccia, soprattutto negli anni '50, quando, sotto il Governo militare alleato, Imperia iniziò a imparare a 15 anni la tecnica dalla pellicceria da “Alberti” in via San Lazzaro. Ha poi lavorato per negozi che oggi non ci sono più, come “Zigliotto”, in via Milano, e “Pinto”, in via Roma. Dapprima come garzona, poi è diventata fattorina di capi finiti nelle case dei ricchi, gli unici che potevano all'epoca permettersi una pelliccia. «Era la gente benestante che comprava queste cose - commenta Imperia - oppure persone che aspettavano a Natale la tredicesima».

Con il boom economico il laboratorio riusciva a vendere tra i venti e i trenta capi l'anno. Perfino zibellini e cincillà per pochissimi eletti, visoni invece per i comuni mortali, sostituiti da castorini e persiani per chi voleva spendere ancora meno. Imperia ha cucito di tutto. Dai modelli stretti a “redingote” a metà del secolo scorso, che segnavano bene la vita, a quelli degli anni '80, lunghi e larghi, che ancora oggi le signore conservano nei propri armadi e sfoggiano a teatro o sulla neve in montagna. Agli inizi degli anni '80 poi ha deciso di mettersi in proprio. Ed è qui che è entrata in gioco la figlia che racconta: «Mentre attendevo un posto come segretaria d'azienda, mia mamma mi disse: “Intanto che aspetti” vieni a darmi una mano a cucire, che poi nella vita ti servirà anche quello”». Nessuna azienda vide mai la faccia della giovane commerciante che a 18 anni, insieme alla madre, aprì un'attività con sede in viale Raffaele Sanzio. Per Manuela, che ha preso le redini del negozio nel 2006, lasciando la mamma dietro le quinte solo per qualche consiglio, è una decisione ormai ferma quella di non continuare. Si reinventerà qualcos'altro, la creatività non le manca. Basta pensare al tocco fantasioso dei suoi disegni. I modelli eleganti che hanno sfilato sulle passerelle di Confartigianato, organizzati dalla Camera di commercio fino a qualche anno fa, assieme a quelli di tanti altri artigiani del territorio locale e regionale, restano immortalati nelle foto appese nel negozio.

Ma ora alla Rotonda del Boschetto anche un'altra serranda si abbassa.

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