Meno eletti e pochi soldi Roma chiude la sede Pdl a Trieste
Quando si dice piove sul bagnato. Come se non bastasse l’ultima batosta elettorale dello scorso aprile, che ha ridotto da quattro a uno il numero dei consiglieri regionali nostrani, per il Pdl triestino arriva un’altra doccia fredda. I vertici romani del partito hanno deciso di chiudere la sede triestina dei berlusconiani situata in piazza Sant’Antonio 6. Una decisione presa nell’ambito del contenimento dei costi della politica attuato su scala nazionale. In regione saranno obbligate a chiudere i battenti nei prossimi mesi anche le roccaforti Pdl di Gorizia e Pordenone. Si salva dunque dalla mannaia taglia-costi solo la sede di Udine.
La notizia ovviamente ha lasciato sorpresi e amareggiati gli esponenti storici del Pdl triestino che hanno dovuto ingoiare il boccone amaro, accettando giocoforza la decisione arrivata dall’alto ma nascondendo a fatica una certa dose di delusione. «Purtroppo non si poteva fare in altro modo, questa è una sede troppo onerosa da mantenere - spiega Sandra Savino, deputato e coordinatore provinciale Pdl -. Voglio sottolineare che non si tratta di una sconfitta o di un provvedimento punitivo. Ci metteremo subito alla ricerca di un punto di ritrovo alternativo, più piccolo e meno costoso: in fin dei conti non è importante tanto la sede, quanto piuttosto l’attività che vi si svolge all’interno».
La sede Pdl di piazza Sant’Antonio (i locali sono di proprietà della comunità Serbo ortodossa) conta 161 metri quadri ed era stata inaugurata poco più di due anni fa, nell’aprile del 2011, dopo che storicamente il cuore del partito era stato quello di corso Saba, sede della Lista per Trieste e di Forza Italia in seguito. Sin qui i costi mensili per il mantenimento della sede ammontavano a quasi tremila euro, 2.860 per l’esattezza, e venivano coperti in gran parte dai contributi versati dai parlamentari, dagli assessori e dai consiglieri regionali in carica del partito. «Voglio precisare che i vertici romani hanno deciso di chiudere tutte le sedi italiane del partito che non facciano riferimento a coordinamenti regionali - sottolinea Piero Tononi, vice coordinatore provinciale Pdl -. Nella nostra regione dunque rimane attiva solo la sede di Udine, la prima ad essere stata aperta oltre che la più baricentrica. Prendiamo atto che non si poteva più mantenere una sede così grande: ci stiamo già attivando per trovare una soluzione alternativa meno ampia ma ugualmente centrale».
La mette su un piano più squisitamente filosofico Bruno Marini, unico superstite Pdl in consiglio regionale. «L’attuale sede era sovradimensionata rispetto alle reali esigenze del partito e poi si era venuta a creare una situazione insostenibile economicamente dopo la disfatta della tornata elettorale - chiosa Marini -. Siamo tutti d’accordo con i tagli della politica, ma qui si rischia davvero di esagerare e di uccidere la stessa democrazia che senza i partiti non può sopravvivere». Poche parole ma concetti chiari da Piero Camber, figura storica del Pdl triestino: «Una decisione che ci sta nell’ottica del contenimento dei costi ma che ci procura un grande dispiacere - sostiene Camber -. Ma sia chiaro che noi non ci fermiamo: anche se ci chiudono una sede, in tempi brevi ne apriremo un’altra». Più chiaro di così. Il Pdl triestino non ha intenzione di arretrare nemmeno di un millimetro: Roma da una parte e Udine dall’altra sono avvisate.
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